Roma, aumenta la produzione dei rifiuti e la differenziata è ferma al palo

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Ve la ricordate la favola dei ‘rifiuti zero’ messa in giro dall’assessore Pinuccia Montanari e dalla sindaca Virginia Raggi? Ebbene, come al solito anche le favole, come le bugie, hanno le gambe corte perché proprio in questi giorni Ama fa sapere che la produzione dei rifiuti nella Capitale è aumentata del 3%.

Sarà perché la ripresa economica ci consentirebbe di consumare di più o più probabilmente perché l’aumento dei flussi turistici incide sulla produzione come dimostrano i cumuli nei pressi dei cestelli in tutto il centro storico e nei pressi dei monumenti.

Sia come sia resta il fatto che non solo i romani producono più monnezza ma che la loro città è sempre più sporca. 

Guai però a parlare di emergenza rifiuti perché subito Ama fa sapere che «sono stati programmati giri supplementari di pulizia». Nel frattempo la raccolta differenziata è quasi ferma al palo perché nel primo trimestre del 2018 si registra un 44,8% di materiali riciclabili recuperati rispetto al 44,4% dell’anno precedente. 

Sullo sfondo incombono due problemi non da poco in vista di una estate che si presenta particolarmente difficile per l’igiene pubblica. Il primo riguarda il trasferimento di di 39mila tonnellate di rifiuti in Abruzzo che ha ormai superato la scadenza dei 90 giorni posti da quella regione.

L’altra riguarda l’annosa questione della società Rida Ambiente di Aprilia con la quale nel gennaio scorso Ama ha firmato un accordo per lo smaltimento di 40mila tonnellate anno di rifiuti romani, mentre la società di Aprilia accusa la Regione di non aver ancora indicato le discariche dove conferire gli scarti di produzione del Tmb. 

Ricordiamo che ogni giorno Roma produce 4.600 tonnellate di rifiuti (2mila di differenziata da avviare al riciclo, 2.600 di indifferenziata da trattare).

Nel 2017, 310mila tonnellate di indifferenziata sono state esportate, trasportate fuori dalla regione, mentre 200mila tonnellate sono state scaricate fra Latina, Frosinone e Viterbo.

Inoltre 70mila tonnellate finiscono in Austria. E ancora 150mila tonnellate di combustibile da rifiuti sono state trasportati in Lombardia ed Emilia Romagna, mentre 200mila tonnellate di organici sono finite in Friuli Venezia Giulia, in Lombardia e in Veneto; infine 250mila tonnellate di rifiuti da interrare sono finiti in Emilia Romagna, Toscana e Puglia.

Il tutto con costi che gravano sui contribuenti mentre Nicola Zingaretti e la Raggi si oppongono alla costruzione di impianti di termovalorizzazione e la Regione chiude l’impianto di Colleferro senza che sia ancora chiaramente definito un piano per lo sviluppo degli impianti di trattamento.

Questi sono i numeri e non delle profezie che fanno intendere come l’emergenza rifiuti non sia una fantasia giornalistica, ma una realtà dietro l’angolo se solo uno di questi tasselli di conferimento dei rifiuti dovesse saltare. Intanto qualcuno adombra che i rifiuti potrebbero venir bruciati nei cementifici con rischi superiori a quelli dei termovalorizzatori, ma arrecando profitti non indifferenti ai cementieri.

Giuliano Longo

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