La polemica di ieri tra la sindaca Raggi e Nicola Zingaretti viene attribuita al clima elettorale, fino ad oggi in verità piuttosto moscio, in vista del voto di domenica per i presidenti dell’VIII e del III municipio. Ma è anche evidente che dopo la formazione del nuovo Governo (di destra checcè se ne dica) amico di Virginia, il vento sta cambiando (citazione dal Raggi pensiero) a scapito della Regione dove il governatore non ha la maggioranza dei consiglieri alla Pisana.
Nel frattempo la prima cittadina, forte dei brillanti risultati sino ad oggi ottenuti per il bene di Roma, porterà sui tavoli del governo i suoi dossier su trasporti e rifiuti puntando il dito contro una Giunta che ritarda l’esportazione dei rifiuti fuori dal Lazio e rimbalza la palla sulla localizzazione di nuovi impianti di trattamento con presunti ritardi nel concedere le necessarie autorizzazioni .
Per quanto riguarda i trasporti, lei e la sua assessora Meleo lamentano di non aver ancora ricevuto dalla Cristoforo Colombo i 180 milioni dovuti e di aver subito un taglio di 51, ma soprattutto rivendica per il Campidoglio i poteri di una ‘città/Regione’ dimenticando di essere ancora la sindaca della Città Metropolitana che sino ad oggi lei ha tranquillamente snobbato, anche se questa istituzione ‘informe’ qualche potere ce l’ha pure.
Questioni note e annose, come quella del conferimento diretto al Comune dei fondi per il Tpl, semmai la differenza è che Virginia al Governo amico (di destra) chiede oltre ai poteri (che è roba lunga) anche due miliardi per risanare la disastrata Capitale. Il che sarebbe buono e giusto se Ama e Atac non fossero alla frutta (o forse già all’ammazza caffè) e con una macchina amministrativa ingrippata, come denunciano da tempo imprese e sindacati.
Peraltro una richiesta di urgente intervento finanziario che sicuramente troverà l’approvazione, con gridolini di gioia, di tutti i comuni ‘virtuosi’ (anche leghisti) del centro nord e di quelli del sud che non vedono quattrini aggiuntivi da anni.
Eppure la dura polemica fra sindaca e governatore, che a ben vedere c’era anche con le precedenti Amministrazioni coinvolgendo governi più o meno amici, prefigura uno scontro più decisivo. Una mina che potrebbe far saltare la baracca della Pisana e rimandare tutti a casa anzitempo.
La mina l’hanno innescata proprio ieri i 5stelle che potrebbero mettere fine alla loro ‘opposizione costruttiva’ nei confronti di Zingaretti proprio sul futuro delle 3 linee di proprietà della Regione ma in concessione ad Atac .
Come abbiamo scritto (vedi link) la Regione dovrà metterle a gara l’anno prossimo nel rispetto della normativa Europea, ma la Raggi le vuole tutte per il Campidoglio, dopo aver tentato di eludere gli obblighi europei prorogando il contratto di servizio ad Atac sino l 2021. Poco male, visto che questo governo ‘amico’ di obblighi europei ne vuol sentir parlare ben poco, ma poco male anche in funzione dei brillanti risultati conseguiti da Atac sull’orlo del fallimento.
Così i 5stelle invitano il governatore a mantenere la promessa fatta in campagna elettorale «di dare al Comune di Roma le linee ferroviarie ex concesse». Quindi «la Regione Lazio, piuttosto che tentare di cedere a privati le tratte Roma-Lido, Roma-Viterbo e Roma-Giardinetti, dovrebbe affidarle a Roma Capitale» Par di capire che la donazione dovrebbe avvenire “ aumma aumma” e senza bando europeo di gara anche se questi privati concorrenti fossero le Ferrovie che di privato hanno ben poco.
Pur sorvolando sulla contingenza delle polemiche elettorali è evidente che i grillini della Pisana sulla questione delle linee concesse non potranno fare sconti a scapito della loro sindaca, è quindi prevedibile che la questione possa esplodere fra un anno o poco meno. Soprattutto se fosse vero che le altre opposizioni non vedono l’ora di mandare a casa Zingaretti. Almeno a parole, visto che in Consiglio inciuciano allegramente con la maggioranza come è successo per l’approvazione della manovra di bilancio dove non c’è un loro emendamento che non sia stato accolto.
Mossa, questa del tutti a casa, che elettoralmente non è detto che giovi alla opposizione con un centro destra diviso e i grillini costretti ad una eventuale alleanza di fatto con la Lega che potrebbe anche non garantire una maggioranza. Mentre la sinistra non potrebbe più contare (per legge) sulla ri-candidatura di Nicola che non ha mai nascosto di volersi impegnare per la “rifondazione” del Pd.
Certo, su questa e altre questioni il governatore e la sua maggioranza di sinistra potrebbero anche abbozzare (tanto per tirare a campare), ma il risultato politico sarebbe quello di un perenne ricatto dei 5stelle sulla sopravvivenza di questa legislatura regionale. Tanto più dopo la ritrovata armonia fra la Raggi e Roberta Lombardi con tanto di benedizione di Di Maio e della Casaleggio&Associati. Una benedizione che potrebbe portare ad una modifica delle elastiche regole del MoVimento che potrebbe permettere a Virginia di ri-candidarsi al Campidoglio nel 2021 fra il tripudio dei romani.
Resta da vedere se Nicola Zingaretti intenda farsi cuocere a fuoco lento per altri 5 anni appannando la sua immagine di leader politico del Pd e affogando nella morta gora di pasticciati compromessi regionali. Anche perché a livello nazionale, per volere del suo partito, il dialogo con i 5 stelle non è mai nato e non è detto che debba continuare nel Lazio.
Giuliano Longo