L’apollo 11 di via Nino Bixio è sicuramente la sala che riserva sempre grandi sorprese per il pubblico appassionato di cinema, sia con la proiezione di anteprime in lingua originale, il ripescaggio di film che non raggiungeranno mai i circuiti commerciali, ma soprattutto con documentari di grande livello.
Fra questi va citato ”Cinema Komunisto” della trentenne regista Mila Turajlic al suo primo film dopo aver lavorato a Londra su diversi set, da “Apocalipto” di Mel Gibson a “Fade to Black” di Oliver Parker, girato a Belgrado. Per realizzare questo docufilm Mila ha impiegato quattro anni per documentarsi, raccogliere materiali e interviste e montare 100 minuti di un film che appassiona e qualche volta commuove.
Il film documenta aspetti del cinema “di regime” della Jugoslavia di Josip Broz Tito, morto nel 1980, che sul modello sovietico utilizzò il cinema inizialmente come strumento di propaganda, ma poi, qualche anno dopo la rottura con l’Urss, anche come industria a disposizione di produttori esteri per fare cassa in valuta di cui la ex Jugoslavia aveva un bisogno assoluto.
Per questo fece edificare i famosi studi Avala di grandi dimensioni in cui furono girati anche kolossal di grande successo, studi oggi in completo abbandono dopo la sanguinosa e devastante guerra etnica del 1991 che portò alla separazione della federazione in ben 5 stati sovrani.
Uno dei protagonisti di “Cinema Komunisto” è Aleksandar Leka Konstantinović che per 32 anni fu proiezionista di fiducia di Tito il quale per la prima volta racconta che il Maresciallo guardava un film ogni sera nella sua villa di Belgrado, bombardata dalla Nato nel 1999 nel corso della guerra in Kossovo e oggi completamente distrutta.
Quando gli studi Avala cominciarono a lavorare per le grandi major internazionali anche il Maresciallo cominciò a circondarsi dai grandi attori dell’epoca. A Belgrado, al festival di Pola o sull’isola di Brioni dove trascorreva le vacanze, incontò Liz Taylor che accompagnava il marito Richard Burton, chiamato a interpretare Tito in “Sutjeska – La quinta offensiva” di Stipe Delić. E ancora Yul Brinner e Orson Welles (protagonisti nel ’68 del kolossal “La battaglia della Neretva” di Veljko Bulajić), Alfred Hitchcock, Alain Delon, Kirk Douglas, Sophia Loren e Carlo Ponti. Accompagnava il Maresciallo la fama di grande leader non solo per la vittoria sui nazi fascisti, ma anche per il suo ruolo internazionale equidistante dai due blocchi e a favore della pace.
“Bitka na Neretvi”, la battaglia della Neretva fu un Kolossal la cui lavorazione durò 16 mesi con l’impiego di uomini e mezzi dell’armata federale, ottenne riconoscimenti e successi internazionali nel 1969 nominato all’Oscar come miglior film straniero. Il film piacque a Pablo Picasso tanto che ne fece la locandina di presentazione nelle sale.
Avala, la Cinecittà belgradese, era nata edificata per ospitare le troupe straniere e vi furono realizzati grandi film come “The Long Ship” di Jack Cardiff. Nel 1991 lo scoppio della guerra e la prima secessione pacifica della Slovenia fece sospendere il Festival internazionale di Pola che si svolgevano nello stupendo anfiteatro romano di quella città e da allora vengono in pratica abbandonati gli stabilimenti di Avala.
Forse un sottile velo di malinconia caratterizza viene colto nel lavoro di questa giovane regista che ha vissuto l’esperienza della Jugoslavia a Belgrado solo da adolescente e nel corso della guerra etnica. Eppure, volenti o nolenti, con critiche più o meno feroci alla dittatura soft di Tito, questo film ricorda allo spettatore che la Jugoslavia federale e socialista è esistita. Anche s esul finire della proiezione un anziano protagonista afferma sconsolatamente che queste esperienza è destinata a scomparire “nelle nebbie della storia”. Cinema Komunista finisce così per raccontare l’epopea e la dissoluzione di un Paese “che non c’è più se non nei film” come dice l’introduzione del documentario. Una sorta di epitaffio su una realtà che ha retto sinchè Tito era vivo per affondare dieci anni dopo nel sangue.
Giuliano Longo