“Non è vero che la Regione Lazio si stia attivando come può per risolvere una crisi, sempre più imminente, che sta per colpire Roma Capitale sul fronte dei rifiuti. Anzi le iniziative sarebbero “inefficaci”. A scriverlo è il sindaco di Roma Virginia Raggi, in una lunga missiva che il 5 luglio scorso è stata inviata al presidente della Regione Nicola Zingaretti.
Il sindaco sostanzialmente ribalta il mantra PD degli ultimi cinque anni. Per Zingaretti infatti la situazione è in stallo perché Roma, quindi la Raggi, non indica un luogo dove poter installare una discarica. Il sindaco risponde che “la positiva chiusura della discarica di Malagrotta ha oggettivamente lasciato la città di Roma senza una tuttora credibile e spendibile alternativa per far fronte a una situazione nella quale gli attuali impianti di smaltimento e trattamento della rete regionale non appaiono in grado di far fronte alle normali esigenze”.
In realtà i fatti sembrano dargli ragione: perché se è vero che comuni e province hanno la facoltà di aggiornare la lista delle aree dove poter autorizzare impianti di smaltimento e trattamento, è la Regione che pianifica, attraverso il piano dei rifiuti, la realizzazione delle opere. Se il sindaco di Roma ritiene di non avere più aree disponibili nel proprio Comune e la Regione non riesce a obiettare, è sempre questa a dover agire.
Ma ciò non è avvenuto. Anzi nonostante la sentenza del Tar 2902/2016 passata in giudicato, la Regione Lazio non ha individuato “una rete integrata e adeguata di impianti, idonea a consentire lo smaltimento e il recupero dei rifiuti urbani non differenziati nel territorio regionale”.
Una risposta che il sindaco definisce e motiva come inefficace è arrivata dopo la seconda pronuncia del Tar, quella del 24 aprile 2018 in cui i giudici amministrativi, pena il commissariamento del settore “Ciclo dei rifiuti” hanno chiesto alla Regione di ottemperare a quanto stabilito nella sentenza precedente seppur circoscrivendo l’oggetto dell’ottemperanza “all’individuazione di discariche attualmente esistenti e operanti in ambito regionale”.
La Regione, a questo punto, avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco ipotizzando prima il ricorso “a siti tecnicamente inutilizzabili e per giunta di proprietà di soggetti colpiti da interdittiva antimafia” e poi indicando le discariche di Fosso Crepacuore 3 nel Comune di Civitavecchia a far data dal primo luglio (ma siamo al nove e ancora i conferimenti non sono iniziati) e quella di Colle Fagiolara, nel Comune di Colleferro, disponibile presumibilmente dal prossimo novembre 2019.
“In almeno un caso – scrive la Raggi – si tratta di un impianto con conferimenti attualmente sospesi, che non sarà immediatamente disponibile considerata la necessità di effettuare i lavori di eliminazione dell’interferenza con un elettrodotto la cui durata è presumibilmente stimata in 4 mesi … la stima di conclusione dei lavori sembrerebbe molto ottimisticamente valutata. Nell’altro caso – Fosso Crepacuore – sembrerebbero tuttora in corso lavori di sistemazione … in ogni caso la capacità residua di circa 16 mila metri cubi sarebbe a disposizione di una ampia serie di soggetti conferitori che esaurirebbero, in tempi brevissimi, l’esigua disponibilità dichiarata” spiega ancora il sindaco di Roma.
Insomma mentre Roma fa i fatti (nella zona di Axa la raccolta differenziata ha superato l’80%) la Regione Lazio tergiversa, lasciando Roma a soffocare tra i rifiuti e proponendo soluzioni poco efficaci anche se convenienti per i gestori delle discariche: basti pensare che a Civitavecchia è stata accordata una tariffa che dai circa 53 euro (benefit post mortem compresi) è passata a poco meno 95 euro per tonnellata. Un investimento azzeccatissimo per il neo gestore (dal 01/01/2016) Valter Lozza (proprietario della Mad che gestisce anche la discarica di Roccasecca a Frosinone) un salasso poco giustificato per i cittadini laziali.