Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Francesco Mingiardi (comitato per il Sì) a Eugenio Patanè, che nei giorni scorsi aveva scritto al nostro giornale sostenendo le ragioni del no (leggi qui).
Caro direttore
Il referendum non è populista, ma popolare perché affronta un problema di tutti i romani. Se non ci fosse non si parlerebbe di TPL se non per commentare i roghi dei bus o gli incidenti, come quello della metro Repubblica. Lo si farebbe con il consueto stile, questo si populista, di mettere alla gogna il sindaco di turno o quelli che c’erano prima. Il diritto di tribuna di cui anche Patanè gode oggi è proprio l’effetto di un’iniziativa politica che affronta un tema popolare. Piuttosto che denigrare il referendum farebbe meglio a combattere l’oscuramento.
Quanto all’utilità del referendum, la consultazione coinvolge i romani sul rapporto tra la funzione pubblica e chi ne è destinatario. Noi vogliamo un Comune che sappia programmare servizi pubblici sui bisogni della sua comunità, affidare a soggetti terzi – pubblici o privati che siano – l’attuazione di tali servizi e controllarne la corretta erogazione con la necessaria terzietà. È proprio la mancanza di indipendenza del controllore (Comune) rispetto al controllato (ATAC) che ha compromesso il servizio. La S.p.A. ATAC è stata usata come bacino elettorale, come poltronificio e come cassaforte dei privilegiati della politica. Il risultato è che il servizio è prigioniero di una società che rischia il fallimento.
Inoltre Roma TPL è un duopolio sgangherato, orchestrato da ATAC secondo i suoi infimi livelli di qualità che non può risolvere il problema. Due operatori catturano il Comune più o meno come fa il monopolista, pubblico o privato che sia. Dopodiché, bisognerebbe dire che la qualità del servizio percepita, registrata dalle agenzie pubbliche, è più bassa per ATAC che per Roma TPL.
Infine, il referendum non danneggerà Roma. A patto che non vinca l’astensione, aumenterà il livello di consapevolezza dei cittadini. Chi amministrerà sarà misurato rispetto alle sue scelte. Se vincerà il no, il Comune continuerà a gestire il servizio tramite ATAC, ma dovrà farlo con la consapevolezza di dover rendere conto ai cittadini del risanamento della società e della qualità del trasporto pubblico. Se vincerà il SI, il Comune potrà decidere se assecondare i cittadini e rinunciare a giocare all’impresa per iniziare ad amministrare la città.
Francesco Mingiardi
COMITATO PER IL Sì