La Pietà di Nicola Piovani il 20 marzo al Costanzi

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Tre donne, un dolore: la morte di un figlio. E’ su questo tema che si dipana il racconto di Marco Cerami e Nicola Piovani che riescono a mettere in scena uno ‘stabat mater’ di intenso impatto. Stavolta l’opera di Roma ha permesso a Piovani di mettere in scena l’oratorio che aveva scritto 20 anni fa con Cerami, morto nel 2013, senza vederlo rappresentato, a cui Piovani fa un commosso saluto alla fine della rappresentazione ricordando la pluriennale collaborazione. E’ un pezzo di intensa emotività cui la voce di Proietti, lontano dalle sue interpretazioni da mattatore, fornisce un racconto pacato e quasi cantilenante.

Le tre donne sono Maria di Nazareth, una madre nera ed una madre bianca; un figlio visionario e grande profeta, un figlio di una famiglia poverissima che muore di fame, un figlio di una famiglia benestante che muore di droga. Mentre il primo era predestinato a morire per noi, la morte degli altri due è figlia della nostra società dando un profondo senso politico alla narrazione.  Voci cantanti Amy Stewart ed il soprano Maria Rita Combattelli, voce narrante Gigi Proietti. Orchestra del Teatro dell’Opera. La narrazione comincia e finisce con i versi classici dello “stabat mater”.

Le  due figure sofferenti e pietose, una come immagine dell’Africa profonda e l’altra con un bellissimo abito da sera rosso a dimostrare anche visivamente la loro differenza, vengono prima introdotte dalla descrizione della pietà e sofferenza di Maria, simbolo cristiano di tutte le madri che furono e saranno, per poi essere riabbracciate nel quinto atto con la ninna nanna che le unisce e nel sesto , nel quale spiccano finalmente i versi classici latini, che hanno come protagonista la Madre delle Madri che ci può insegnare il valore della morte, della vita, la sofferenza e la redenzione.

La madre nera è la rappresentazione di un mondo di sofferenza e sopraffazione e vede il figlio spegnersi senza poter intervenire se non con un filo d’erba. La madre bianca vaga alla ricerca di quel figlio in un mondo opulento che però non sa dargli una ragione di vita. Il soul di Amy Stewart forse un po’ a disagio per la lingua e la chiara voce di soprano di Maria Rita si alternano nella ninna nanna che ci fa tornare al momento in cui tutte le donne si sentono in profonda sintonia con i loro figli accompagnandoli verso il sonno, e gli strumenti spesso si fanno sentire come suoni accompagnatori invece che melodia e danno un andamento quasi cinematografico al cantato.

6 i movimenti di cui 5 dedicati a Maria, al figlio drogato, alla madre bianca, alla madre nera, mentre il 6° preceduto dalla ‘ninna nanna’ è lo ‘Stabat Mater Dolorosa’ finale che leva il canto di Maria in tutto il suo dolore.

Lunghi applausi dal folto pubblico presente.

Annamaria Felici

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