Atac, anche dopo parentopoli l’azienda non cambia

I nomi che avevano suscitato scalpore rimangono operativi, solo in alcuni casi ridimensionati

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Doveva essere la resa dei conti con la cattiva gestione che ha portato l’azienda sull’orlo del fallimento, con voci che parlavano di 30 dirigenti messi alla porta, invece la nuova macrostruttura di Atac si è rivelata il classico topolino partorito dalla montagna. Le uscite dall’azienda si contano sulle dita di una mano e i nomi che avevano suscitato scalpore durante Parentopoli rimangono operativi in azienda, solo in alcuni casi ridimensionati.

Molte le caselle ricoperte ad interim, un indizio che sembra confermare la girandola di future promozioni ipotizzate nei giorni scorsi e di cui la maggioranza e l’opposizione in Campidoglio si rimpallano la responsabilità, confermando involontariamente la fondatezza della notizia.

I consiglieri capitolini del Pd Valeria Baglio e Marco Palumbo hanno commentato con parole di fuoco le ultime nomine: «Non ci sono alternative: o la situazione di crisi aziendale non corrisponde al vero e tutto il management di Atac ha lavorato bene negli ultimi anni oppure la sostanziale riconferma di quasi tutti i principali attori della recente gestione aziendale non trova spiegazioni plausibili dal punto di vista professionale e imprenditoriale».

Niente discontinuità apparente quindi, anche se l’aver collocato nelle caselle strategiche i tecnici portati in Atac dall’ex AD Maurizio Basile segna la continuità con il passato solo in apparenza. Si tratta infatti di tecnici competenti e del tutto slegati dalle logiche partitocratiche che hanno accompagnato sia la gestione di Atac nel corso degli anni, che se lasciati liberi da pressioni politiche potrebbero dare una svolta positiva alla situazione di Atac.

Forse è proprio questo il disegno del sindaco Ignazio Marino e dell’assessore ai Trasporti Guido Improta, ma si tratterebbe di un cambiamento molto duro da far digerire a chi ha usato Atac come un enorme bancomat politico clientelare.

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