Intervista a Fassina, no ad alleanze di centrosinistra

«Dobbiamo partire dal trasporto pubblico come asse principale e costruire una città sostenibile che sia capace di valorizzare l'autorganizzazione e il volontariato sociale»

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stefano fassina, comune di roma, elezioni comunali

Il battesimo di Sinistra italiana, dal titolo evocativo “Cosmopolitica” ha occupato per tutto il weekend la platea gremita (circa 3.000 persone) del Palazzo dei Congressi. Erano presenti tutti i big di Sel e dell’ex Pd che guidano questa nuova avventura della sinistra (da Fratoianni a Fassina e D’Attorre), quasi stupiti di tanta partecipazione. Un avvio con tutti i crismi che assume un particolare significato a ridosso delle primarie del Pd in vista delle prossime comunali di Roma. Su questa scadenza che vede la sinistra nel suo complesso avviarsi divisa abbiamo intervistato Stefano Fassina, già candidato per SI/SEL alla poltrona di sindaco.

Cominciamo dalle alleanze. I sondaggi dicono che il Pd potrebbe arrivare al ballottaggio con i 5stelle e quotano Sel Sinistra Italiana al 4% dei consensi. Non ritenete sia necessario ricostruire l’alleanza di centro sinistra prima che si arrivi al ballottaggio?
L’alleanza di centrosinistra non si potrà ricostruire. Il Pd ha fatto terminare l’esperienza Marino dal notaio, non con un dibattito e un voto in Campidoglio come succede in democrazia. Noi stiamo lavorando per costruire un raggruppamento di sinistra il più ampio possibile, capace di intercettare anche i delusi del Partito Democratico. Andremo ben oltre il 4%.

È vero che in Sel esisterebbero due scuole di pensiero sull’alleanza con il Pd?
Questo deve chiederlo a loro. Io non sono di Sel.

Ricordo che al Quirino lei disse che l’esperienza di Ignazio Marino era conclusa. Oggi si parla di primarie a sinistra del Pd dove l’ex sindaco potrebbe concorrere con lei e forse vincere, non le pare contraddittorio?
Marino può portare un contributo importante. Se dovesse decidere di candidarsi a sindaco io ho proposto, e non da ora, di fare le primarie della sinistra. Io sono in campo e non ci sto a fare accordi nel chiuso di un salotto.

Al di là delle vicissitudini politiche è evidente che il “Sistema Roma” è entrato in crisi. Più in generale, la politica ha perso il suo primato tradizionale. Da dove ripartirebbe per riacquistare il consenso di quel 50% dei romani che forse non andrà a votare?
Io voglio segnare una discontinuità radicale con il “Sistema Roma” o “Modello Roma”, un modo distorto di sviluppo della città iniziato ancora prima della giunta Alemanno. La città deve diventare “una” con un sistema di trasporto che consenta di lasciare ai romani l’auto a casa. Un sistema di interconnessione tra le ferrovie, che vanno potenziate, le metropolitane, con il completamento della metro C, e il trasporto pubblico su gomma da portare ai livelli di una città moderna, risanando l’Atac. Io voglio rigenerare le periferie, recuperare il patrimonio abitativo e mettere la parola fine alla crescita del cemento.

I guai della città non sono imputabili solo a Marino o ad Alemanno, secondo lei da quando inizia questa vera e propria crisi di sistema e quali ne sono le responsabilità anche della sinistra?
Le do semplicemente un dato: sono stati costruiti milioni di metri cubi con una popolazione che non cresce da quarant’anni. Qualcosa non va, che dice?

La macchina amministrativa appare farraginosa e in parte inquinata dalla corruzione, non è giunto il momento di avvalersi di contributi manageriali lasciando spazio alle competenze, “asciugando” apparati e burocrazia?
La politica deve governare la città. Deve tornare la legalità in ogni settore, a partire dalla macchina amministrativa. Nessuna tolleranza per chi non fa il suo mestiere, a partire dai dipendenti capitolini, ma anche valorizzazione delle eccellenze che ci sono anche tra i lavoratori del Comune.

Se lei dovesse stilare oggi il suo programma di governo che punti indicherebbe? Quale progetto di governance?
Le ho già detto. Noi dobbiamo partire dal trasporto pubblico come asse principale. Da qui parte l’idea di una città sostenibile, costruita insieme e per i cittadini, che sia capace di valorizzare l’autorganizzazione e il volontariato sociale.

Sulla base della sua esperienza di economista non ritiene sia giunto il momento di aprire le compagini societarie delle municipalizzate al capitale e al management privato?
Noi vogliamo che le aziende municipalizzate restino pubbliche. Il problema non sta nelle compagini societarie, ma negli uomini.

Anche lei è convinto che il Governo debba allentare i cordoni della borsa per aiutare Roma a risollevarsi?
Il governo deve ricordarsi che Roma è la capitale di questo Paese, che ospita tutta la macchina amministrativa dello Stato e che solo per questo merita un’attenzione particolare che non ha mai avuto, nemmeno da questo governo. Pensate alla considerazione che hanno i francesi per la loro capitale.

Sotto il profilo istituzionale sono maturi i tempi dello statuto speciale per Roma Città Regione?
Noi dobbiamo dare corso nei fatti alla Città metropolitana, dando ai Municipi poteri maggiori. Un Municipio di Roma si occupa in media di 300mila persone, quasi quanto Firenze.

E infine, se dovesse partecipare alle primarie del Pd voterebbe per Giachetti o Morassut?
Non partecipo alle primarie del Pd…

 

Giuliano Longo

1 COMMENTO

  1. Sono molto d’accordo con la questione del trasporto su ferro (per la verità da molti anni). Però ho paura che trascuriamo alcuni temi di estrema importanza. In particolare mi viene in mente la questione campi nomadi. Vanno chiusi senz’altro, ma come ? E una volta fatto incentivando trasferimenti in abitazioni, autocostruzione ecc. come evitare che si riformino concentrazioni di persone escluse e autoescluse? Non è un caso che il malaffare romano sia esploso su temi come questi. E’ la debolezza delle politiche che apre le porte a chi è capace di “sopire” il problema. Non è per non lasciare la questione a salvini, è che una città vera deve essere un meccanismo di inclusione, non sopporta esclusi.

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