L’europarlamantere Goffredo Bettini si è presentato nell’aula bunker di Rebibbia dove si svolge il maxiprocesso di Mafia capitale, in qualità di teste chiamato dalla difesa di Salvatore Buzzi. Di lui ha ricordato di averlo incontrato solo in due occasioni pubbliche, alla presentazione del suo libro di lettere con Pietro Ingrao e un’altra volta perché gli interessava conoscere Pino Pelosi. Infatti «insieme a Borgna eravamo grandi amici di Pasolini e siamo sempre stati convinti che non sia stata una sola persona ad ucciderlo». L’euro parlamentare ha invece ammesso di conoscere lo stretto collaboratore di Buzzi, Carlo Maria Guarany che gli chiedeva spesso consigli culturali. Solo una volta Guarany gli accennò a un progetto sociale sull’accoglienza degli immigrati, in Sicilia, ma «non lo feci parlare, gli dissi che non mi occupavo di queste cose e di rivolgersi a Gianni Letta se voleva un consiglio». Salvo favorire l’incontro fra i due e Gianni Letta, che li accolse e poi li mandò dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. «Con Gianni Letta – ha spiegato – ci passavamo qualche seccatura reciproca, abbiamo un rapporto informale. Lui era il factotum all’epoca del governo Berlusconi, io il factotum dell’opposizione, poi entrambi abbiamo vissuto gli anni dell’Auditorium dove è nata un’amicizia fraterna.» Per quanto riguarda la coop 29 giugno, Bettini ha spiegato che «è sempre stata un fiore all’occhiello nella storia della sinistra romana. E’ stata la prima coop che non si occupava di edilizia, ma di recupero sociale. Ricordo che quando fu fondata, io non c’ero, ma era presente Pietro Ingrao e tante persone impegnate nel recupero dei detenuti.» Con riferimento a Salvatore Buzzi aggiunge «non so se lui avesse la tessera del partito ma sicuramente era considerato un militante, prima del Pci poi della sinistra. Era considerato una persona meritevole, espressione dell’area politica dalemiana-bersaniana. Un’area a me ostile» . Rispondendo a una domanda della difesa ha chiarito «io non appartengo ad un’area, la mia è l’area Bettini, autonoma. Posso dire di avere un maggior feeling con Walter Veltroni , essendo stato suo braccio destro quando era segretario del Pd.» Ma approfitta della testimonianza per denunciare lo sfascio del Pd romano. «Dopo il 2009 ho scritto un libro per segnalare il degrado nel partito. Sono un garantista, ma devo dire che non dovevamo aspettare giudici, tutto si vedeva già a occhio nudo.» E cita un brano del suo libro «personalismi, capi bastone, tutti autocentrati con l’assillo di non perdere posizione. Un partito balcanizzato dove non c’è più il regno del leone ma della volpe. E’ un campanello d’allarme che va suonato. Ai giudici il compito di colpire i corrotti. ma non servono i giudici per capire come la corruzione sia diventata la forma normale del rapporto tra politica e impresa.» Eppure, aggiunge, «nessuno può pensare che questa corruzione si fermi sulla soglia del centrosinistra» perché si tratta di una «degenerazione complessiva e di un partito esasperato da correnti e personalismi. La mia è un’accusa politica, non ho ricevuto notizie di reato, se mi fossero arrivate sarei andato dal magistrato. Il partito andava verso il burrone e io l’ho segnalato.»
Una testimonianza che favorisce ben poco Buzzi, ma affossa un partito del quale Bettini, ancor prima della nascita del Pd, è stato l’indiscusso leader.