Alemanno e Storace, l’idea di una nuova destra sociale

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L’ipotesi di un ritorno (in qualche modo) al proporzionale attizza gli appetiti di forze politiche attualmente marginali rispetto al consolidato tripolarismo fra Pd, 5 stelle e destra che si contenderanno il grosso del piatto elettorale alle prossime elezioni politiche. Così a Roma, dove Forza Italia è debole mentre e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni vantano uno zoccolo duro di consensi, nasce una nuova formazione politica di destra. Dove si incontrano due vecchi amici nemici, Alemanno e Storace, promotori di quella Destra Sociale di cui si era persa memoria dalla fine degli anni 90. Negli intenti dei due, anzi dei tre visto che alla nuova avventura partecipa Roberto Mania, c’è la creazione di «un polo sovranista, pluralista ma unitario per dare una casa comune ai cinque milioni di voti dispersi negli ultimi anni e arrivare al governo del Paese». L’intenzione è un po’ ambiziosa ma fanno finta di crederci Alemanno, Menia e Storace nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio. Parlano di una tappa “intermedia” per riunire tutte le forze di centrodestra, a partire dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Mission impossible non solo per le differenze di radicamento territoriale con la Lega, ma anche con il partito della Meloni con il quale non corre buon sangue nonostante le comuni radici di un antico neofascismo. Tuttavia i “sovranisti”, intesisi come corifei della nazionale sovranità, puntano a una riforma della legge elettorale che ripristini il Mattarellum (con il ritorno però delle preferenze) e sono addirittura convinti di poter poi vincere le elezioni abbagliati dai successi d’Oltralpe della Le Pen e il suo  Front National che in termini di voti sbaraglia Salvini e la Meloni messi assieme puntando dritta alla presidenza della Nation. Il leader del nuovo partito dovrebbe venir incoronato dalle primarie, ma l’occhio è anche rivolto a Berlusconi che con il suo 13% dei voti potrebbe divenire l’ago della bilancia o la ruota di scorta, per una futura coalizione con il Pd, almeno finché Renzi ne regge il manico. Non a caso Alemanno dice «parliamo con tutti  e non escludiamo certo Berlusconi ma lui deve dire con chiarezza di essere alternativo a Renzi». Invece il timore è che «si faccia irretire ancora una volta con la promessa di Tajani presidente del Parlamento europeo». Insomma Strasburgo per Berlusconi varrebbe pure una messa all’altare del Pd. Secondo gli organizzatori al congresso di metà febbraio dovrebbero presentarsi 1.400 costituenti, fra cui molti giovani cui spetterà di scegliere l’organizzazione del nuovo soggetto e il nuovo simbolo. Anche se Storace ammette «dobbiamo avere al vertice un portavoce giovane» che porterebbe in dote l’esperienza di Storace ed Alemanno che non hanno certo brillato gran che a Roma. Più nazional popolare il discorso di Menia il quale spiega  «Vogliamo essere il lievito per la rinascita del centrodestra, oggi asfittico. Nessun pentimento per i percorsi intrapresi fin qui ma la consapevolezza che in Italia manca una destra sociale e nazionale». Eccola qui riaffiorare la defunta Destra Sociale che vorrebbe ripartire dai territori del Centro e del Sud. Ma la mano è tesa soprattutto verso i fratelli coltelli di Giorgia che proprio per le comunali di Roma ha snobbato senza tanti complimenti Alemanno e Storace.

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