È cominciata oggi nell’aula bunker di Rebibbia, l’autodifesa di Salvatore Buzzi, collegato in videoconferenza dal carcere di Tolmezzo dove è sottoposto in isolamento, dopo l’arresto del 2 dicembre del 2014 per associazione di stampo mafioso assieme all’ex Nar Massimo Carminati nell’ambito dell’inchiesta ‘Mafia Capitale‘.
L’interrogatorio di Buzzi durerà almeno sette udienze e affronterà uno per uno tutti e 35 i capi di imputazione a lui contestati dalla Procura. “Io sono qui per difendermi – ha esordito Buzzi -. In passato ho reso cinque interrogatori alla Procura, ma non sono mai stato creduto. Da oggi vedremo di dimostrare che quello che dicevo era vero, cercando di contestualizzare gli eventi”. In precedenza ci sono stati cinque interrogatori a Roma e uno a Catania ma, ha aggiunto “non sono stato creduto. Oggi vedremo di dimostrare che quello che dicevo è vero”. Buzzi, difeso dall’avvocato Alessandro Diddi, ha prestato il consenso alla riprese video, prima di cominciare a rispondere alle domande del suo difensore.
“Ormai la mia immagine è abusata – ha detto – il danno è fatto”. Poi ha parlato della genesi e della struttura della Cooperativa 29Giugno, da lui presieduta, e delle altre coop a lui riconducibili. “Da 8 soci del 1987 siamo arrivati a 2200 persone tra 29Giugno e altre cooperative, tra dipendenti diretti e indiretti”. Ripercorrendo le tappe dello sviluppo delle sue cooperative ha spiegato che gli utili rimanevano tutti in cooperativa nella percentuale massima consentita. “Eravamo il fiore all’occhiello della Legacoop, la miglior cooperativa nel rapporto patrimonio fatturato, al di sotto della Toscana”. Riguardo al suo compenso, Buzzi ha spiegato che percepiva detto quattro volte lo stipendio di un operaio perché “per scelta, perchè sono di sinistra e volevo essere coerente” quindi “prendevo 6000 euro“.
Si trattava di un sistema perfetto che funzionava benissimo “non come quello descritto da queste ricostruzioni fantasiose”. La cooperativa 29Giugno, nel 1986 comprendeva: otto soci, nel 2014 tra dipendenti diretti e indiretti, di altre cooperative legate alla 29 giugno arrivammo a 2200 persone. E Carminati “nelle mie cooperative non contava nulla”. In ogni caso, ha ribadito Buzzi “non rinnego l’amicizia con Carminati” avendolo conosciuto in carcere dopo il suo arresto per omicidio per il quale scontò solo parzialmente la condanna per buona condotta. “Nel corso della detenzione – spiega – ho avuto contatti con ambienti neo fascisti anche se io ero dichiaratamente di sinistra. Non ho mai avuto problemi con loro e in quel periodo ho conosciuto anche Gianni Alemanno che però apparteneva all’area”. Poi “con Carminati ci siamo reincontrati nel 2012 quando entrò nelle coop. La sua presenza incideva in modo del tutto relativo nel fatturato delle cooperative per circa il 3.3%”.
Nelle prossime udienze Salvatore Buzzi affronterà anche il nodo dei suoi rapporti con la politica tentando di smantellare l’ipotesi di associazione mafiosa che grava sulla sua posizione.
Giuliano Longo