Era il settembre del 2015 quando alcuni militanti del Pd riuniti sotto la sigla Articolo 49 (che riguarda le garanzie costituzionali ai partiti) decisero di portare in tribunale il Kommisar del Pd romano Matteo Orfini. Reo di essersi appropriato del Pd romano «confondendo l’affidamento di una delicatissima responsabilità di direzione politica con l’attribuzione di un potere autoritario e slegato dalle norme statutarie.» Per di più il commissario veniva accusato, insieme alla Federazione romana del Partito «di non utilizzare metodi di gestione democratici e trasparenti, mettendo di fatto il bavaglio alla partecipazione degli organi assembleari del partito e modificandone lo statuto». Quindi con il ricorso in sede civile veniva lanciato un allarme democratico: «Vogliamo che siano annullate le modifiche al Regolamento» chiedevano i ricorrenti.
E la sentenza a meno di due anni è arrivata. «Ora abbiamo una prima sentenza che ci dà ragione – esultano gli esponenti di articolo 49- e che afferma che il Commissario del PD Roma, nonché Presidente nazionale del PD, Matteo Orfini, ha impostato su una strada illegittima tutta la sua azione di riorganizzazione del partito romano.» Infatti la terza sezione del Tribunale civile di Roma, nella persona del giudice Buonocore «ha annullato la delibera della Direzione del PD Roma dell’11 giugno 2015 con cui veniva gravemente colpita l’autonomia organizzativa, patrimoniale e politica dei Circoli territoriali, dei Circoli del lavoro e di quelli tematici riducendoli al rango di sezioni di 15 Circoli municipali diretti da sub commissari nominati dallo stesso Orfini.»
Lo rende noto via Facebook il comitato Art.49, che aveva fatto ricorso contro il provvedimento aggiungendo «il giudice ha riconosciuto, come da noi sostenuto, che tale decisione poteva essere assunta soltanto dall’Assemblea cittadina, e che inoltre il merito della delibera violava in più punti lo Statuto nazionale e regionale del PD, con conseguente lesione dei diritti degli iscritti – continua il comitato – Di più, il giudice ha affermato nelle sue argomentazioni che anche la delibera del 27 settembre 2015 – la cui efficacia peraltro è già stata sospesa con decisione di un altro giudice in un distinto procedimento – debba ritenersi non valida perché riproduce sostanzialmente gli stessi vizi e le stesse violazioni della delibera precedente.»
E adesso cosa succede, in piena campagna congressuale del Pd? Il Comitato articolo 49 si augura che l’organizzazione e lo svolgimento del Congresso cittadino «tengano conto delle decisioni del giudice e non offrano ulteriori motivi di impugnazione.» Anche perché le conseguenze economiche della sentenza potrebbero ricadere sulle già dissestate finanze del PD romano e quindi sugli iscritti.
Insomma, carte bollate a go go visto che Orfini non è certo disposto a fare un passo indietro soprattutto in questa delicata fase politica del suo partito. Tanto per intenderci quel partito “pericoloso e cattivo” che nella sua indagine ebbe modo di scoprire il professor Barca.