A colloquio con Michele Emiliano. Ricostruire il centrosinistra 

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Si è riunita ieri alla città dell’altra economia in Testaccio la componente regionale del Pd, Fronte Democratico, che fa riferimento al governatore della Puglia Michele Emiliano. La seconda iniziativa regionale dopo quella della Puglia promossa dall’onorevole Umberto Marroni che ha visto presente anche l’altro esponente di quella corrente l’on. Francesco Boccia. Fronte Democratico alle primarie ha raccolto l’11% dei consensi, ma nonostante il nome che evoca un frontismo a sinistra di altri tempi, vuole dialogare con Renzi. Nonostante la componente di Emiliano, come quella di Orlando con il suo 20% di consensi alle primarie, siano state escluse dalla segreteria del partito. Una condizione di minoranza non sembra affatto preoccupare Emiliano che già guarda ad una iniziativa di programma che la sua area organizzerà entro l’estate. Spumeggiante come al solito nel suo intervento  lo abbiamo intervistato dopo l’incontro con i quadri regionali del Lazio che a Roma sono alle prese con il congresso cittadino del partito caratterizzato da una superfetazione  di candidature alla segreteria  dopo due anni di commissariamento del presidente Orfini.

D – Onorevole quali sono le differenze politiche della vostra componente, Fronte Democratico, rispetto alla posizione dell’altra minoranza del partito rappresentata da Orlando?

La differenza sta nell’origine. Nel senso che la nostra area nasce da esperienze concrete nel Mezzogiorno, ma anche da altre aree del Paese. Nella sostanza FD vuol costruire dal basso  e con la partecipazione un’idea di partito che non rientra nello schema di unificazione che fu di DS e Margherita. Noi vogliamo creare personalità politiche che abbiano una loro capacità di rappresentare gli italiani e non di promuovere solo se stessi. Non vogliano essere una  corrente che comprende solo deputati e senatori in cerca della ‘giusta collocazione’. Questa nostra ambizione  segna una differenza abissale rispetto agli altri.

D – Dopo l’esito di questa tornata elettorale per le comunali lei pensa davvero che sia iniziato il declino dei 5 stelle?

No, tutti sanno che la legge elettorale per le comunali li penalizza grazie alla loro mania di non voler fare coalizioni  con altri che li mette in difficoltà enormi.

D – Eppure nel Pd c’è molta euforia, anche da parte di Renzi che in passato ha sottovalutato, se non ignorato, il significato del voto amministrativo.

Renzi deve disperatamente rafforzare la sua debolezza esterna perché lui è molto forte nel ceto politico del Pd, ma molto debole nella società italiana. Quindi la possibilità di affermare che i 5 stelle hanno avuto una botta di arresto  ritiene che molti elettori del Movimento potrebbero riversare i loro voti sul Pd.  Ma quello che gli ripetiamo spesso è che i cittadini non ragionano sempre sul vincente o sul perdente, non è la roulette russa, ma puntano su quello che giudicano più giusto e coerente con le loro esigenze anche a costo di perdere o di seguire il perdente.

D – Lei non pensa che le oscillazioni ondivaghe di Renzi prima verso Berlusconi cui ha riaperto il credito e oggi verso Pisapia, finiscano per nuocere all’immagine del suo partito?

Questo lo abbiamo sostenuto durante tutte le primarie, ma adesso siamo in una fase diversa ed è inutile parlare degli errori del segretario, bisogna indurlo ad evitare che ne faccia altri di errori. Poi magari quando ci sarà il prossimo congresso gli farò l’elenco di quelli che ha commesso. Oggi vogliamo essere propositivi.

D – Ora nel Pd tutti vogliono ricostruire l’unità del centro sinistra il che significherebbe non dialogare solo con Pisapia che dai sondaggi non rappresenta gran che elettoralmente, ma anche con Mdp Articolo uno.

Durante le primarie avevo detto che se fossi mai diventato segretario avrei immediatamente lavorato per riportare Articolo1 dentro il Pd. Anche perché i fuorusciti hanno subito una sorta di mobbing all’interno del partito che li ha indotti ad uscirne, più per ragioni di agibilità politica  che per ragioni politiche e ideali di fondo. Certo, in questo momento per Renzi riconnettersi con questi compagni è abbastanza complicato.

D – Per sinistra abbiamo identificato un’area, ma per il centro del binomio a chi ci si riferisce?

Mi regolo sulle mie esperienze. In Puglia ho fatto l’esperienza di Bari che era la capitale della destra, ho capito che di fronte alla insoddisfazione delle persone di tutte le estrazioni politiche era necessario presentare un programma di governo nitidamente di centro-sinistra e progressista  che fosse capace di attrarre anche chi non era vicino a noi. Del resto i meccanismi elettorali di comuni e regioni sono costruiti in modo che i candidati tentino di portar via voti alla parte avversa. Ed è questo anche che assicura poi la governabilità di questi enti locali.

D-  Che ne pensa di questa legge elettorale nazionale con cantieri che si fanno e disfano da un giorno all’altro?

Penso che dovrebbe avere delle caratteristiche simili a quella degli enti locali. Abbiamo provato con l’Italicum, ma lì forse si è sbagliato non strutturandolo secondo le regole della Corte Costituzionale. Ora creare un premio di maggioranza per la coalizione al 40% anche con il proporzionale, sarebbe compatibile con la sentenza della Consulta.

D – Premio di maggioranza e preferenze?

Nella sostanza, ripeto, una legge simile a quella delle Regioni dove le preferenze siano un cardine. Ammetto che anche le preferenze hanno dei limiti ad  clientelari, ma sono sicuramente preferibili alle liste bloccate dove il clientelismo si fa addirittura a livello delle segreterie di partito.

D – Passando ad altro, lei ritiene che a queste ultime comunali vi si stata differenza fra il voto del Sud e del Nord?

A naso mi pare che nel Sud sia andata un po meglio  in particolare in Puglia dove addirittura andiamo al ballottaggio a Lecce dove il centro destra aveva  il 70%. Tuttavia debbo essere altrettanto sincero nell’affermare che il Pd da solo non è  in grado di affrontare le amministrative senza le liste civiche di area, senza le quali non vinceremmo da nessuna parte.

D – Lei pensa che la recente apertura del Pd a Berlusconi possa aver influito sull’esito del voto?

Secondo me sì. Se tu vai alle elezioni con il sistema proporzionale dove ciascuno deve esaltare le proprie differenze e già preludi ad una alleanza futura con il tuo principale competitor, vien meno il meccanismo identitario che ti porta voti strappandoli all’avversario. Quindi tornando al sistema elettorale nazionale, o hai il coraggio di fare un proporzionale di coalizione con differenze ben definite fra gli schieramenti, oppure anche solo ipotizzando una alleanza futura con Berlusconi rischi di avere un tracollo di voti a favore dei5stelle per la rabbia e l’insofferenza delle ali estreme dei due schieramenti.

D – Nel corso di questa riunione  lei ha parlato di alleanza di coalizione fra Pd anche  con liste civiche nazionali, cosa vuol dire?

Credo che il Pd debba promuovere un grande lista di area di centrosinistra che consenta a sindaci e presidenti di Regione di versare su questa lista nazionale quel patrimonio civico che oggi  li sostiene. Con un occhio di riguardo alle componenti sociali compreso il sindacato oltre all’associazionismo.

D – Beh qui non ci sono le Unions che sono il nerbo del Labour di Corbyn.

È vero, ma la relazione di programma con il sindacato è sempre positiva.

D – Eppure pare che Corbyn, al Pd ora neo-macroniano, abbia insegnato pochino.

Continuo a pensare che Corbyn nel Regno Unito e Sanders negli Usa possano rappresentare personalità di riferimento per il Pd, perché un partito di sinistra o mira al cambiamento che attragga anche i giovani oppure rischia di non avere più una identità di sinistra.

Giuliano Longo

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