Mentre il Pd romano svolgeva i riti di un suo congresso che altro non è che una conta fra correnti per per la scelta del segretario, alle porte di Roma, a Guidonia, vincevano i Cinquestelle. Certo, con una percentuale di voto da termometro da febbre se si considera chi effettivamente ha votato al ballottaggio, ma comunque hanno vinto contro il candidato del Pd in un comune di 90.000 abitanti, per lo più distratti e richiamati dalla brezza marina in un clima di inusitata canicola.
La cosa in sè presenta dei risvolti politici interessanti. Intanto perché i grillini vincono anche ad Ardea, ma poi perché la vittoria di Guidonia rafforza obiettivamente Virginia Raggi che, si badi bene, è anche la sindaca della città metropolitana dove i Cinquestelle pesano anche in comuni tutt’altro che sperduti nei monti, come Civitavecchia, Genzano, Pomezia e altro ancora. Se poi andiamo a vedere cosa succede in regione si nota che rinasce il centrodestra in comuni capoluoghi come Rieti e Frosinone.
La striminzita offerta politica dei partiti, assediata dall’astensione, penalizza la coalizione che sostiene Nicola Zingaretti nel Lazio dopo la eclatante sconfitta di Roma. Regalata ai grillini da un Pd messo alle corde dalla Procura con mafia capitale e da un candidato di provata fede Renziana come Matteo Giachetti, di per sè debole, che è arrivato al ballottaggio per un soffio sulla destrissima e aggressiva Gorgia Meloni.
Del tutto evidente che Grillo al nord conta poco (basta veder il risultato di Genova e Parma) e non può pascolare sui prati già occupati dalla Lega. A dimostrazione che i 5stelle si qualificano come un movimento di protesta prevalentemente meridionale, ancorchè poco radicato nei territori.
Roma da tempo è scivolata a sud, basta vederne lo stato di degrado, e il Movimento ne ha tratto vantaggio conquistando 15 municipi, saldando così un arco di consensi metropolitano e di governo che va dai Castelli al Litorale.
Le prime reazioni, almeno quelle del vice presidente Smeriglio e del capogruppo del Pd alla Pisana, invocano una ricostruzione del centrosinistra con un lifting che dovrebbe venir affidato al laborioso impegno di Pisapia e degli aborriti scissionisti, ma nessuno ammette una cosa evidente, con Renzi non si vince più.
Rottama oggi rottama domani, renzizza oggi renzizza domani, all’elettorato diventa difficile comprendere la differenza fra un Pd che ha confermato Matteo con 1,2 milioni di consensi alle primarie e i connotati di sinistra di questo partito che nel Lazio è comunque al governo.
La partecipazione di Zingaretti alla iniziativa di Pisapia del primo luglio, ben poco gradita dall’inner circle renziano, è un rilancio dell’esperienza politica laziale, ma non è detto che il governatore ne faccia la sua bandiera ricandidandosi alla sfida regionale della prossima primavera. Un equilibrio difficile quello del governatore fra il Partito di Renzi e una sinistra sinistra tutta ancora in fieri.
Oggi il clima è diverso, e si doveva capirlo dall’esito del referendum e dalle precedenti amministrative snobbate da Renzi. Ma (c’è sempre un ma) in questo contesto fluido, persi i riferimenti dei tradizionali parametri politici, appannate e rattrappitesi le antiche divisioni, e perché no, il peso delle antiche clientele, di tutto può succedere in futuro. Lasciamo grillini e destri ad assegnarsi successi con largo dispiego di pacche sulle spalle e si cominci a guardare al signor Astensione che ormai ha tutte le caratteristiche del leader, anche a livello regionale.
Giuliano Longo
P.S. ci scusiamo con i lettori per questa rozza analisi lasciando ai politici di professione valutazioni e approfondimenti più accurati. Basta, non dicano che hanno vinto tutti… in un modo o nell’altro.