Cantiere Flaminio: a che giocano Regione e Comune?

0
712

Tempi duri per i troppo buoni, recitava una pubblicità, ma le persone che stanno davanti a noi in conferenza stampa, in una baracca del cantiere Flaminio della Roma – Civita Castellana – Viterbo, pur se usano toni pacati, sono decisi a far riconoscere i diritti e gli interessi di imprese, lavoratori e cittadini.

La zona è quella all’interno di Villa Borghese, a due passi da piazza del Popolo e via del Corso. Poco distante da noi, l’enorme buca squadrata del cantiere, coi lavori eseguiti dalla ‘Fer.Ro.Vit.S.c.ar.l.’, iniziati nel 2013. Si vede l’imbocco dei tre tunnel da 100 metri delle gallerie di stazione sotto l’ex biblioteca del Cnel, e il collegamento con la Metro A Flaminio e la vecchia stazione della Roma Nord, del 1932. Tutt’attorno apparecchiature, gru, cavi e tubi. Ma non operai. Quelli che c’erano ancora – pochi ormai per la verità – sono stati licenziati per mancanza di soldi e certezze sul futuro dell’opera.

Qui l’oggetto del contendere non è solo il pagamento dei 5,3 milioni di euro attesi da oltre un anno, a fronte dei 2,6 pagati su 8 milioni di lavori eseguiti, ma l’incertezza che grava su un’opera che pare sia passata in secondo piano nelle esigenze della città.

Soldi attesi a valle dei lavori eseguiti per l’ammodernamento e potenziamento della tratta da Piazzale Flaminio a Riano, di proprietà della Regione Lazio e gestita da Atac. Erano stati stanziati 45 milioni di euro, di cui 30 per la nuova alla stazione di Piazzale Flaminio e 15 per l’adeguamento delle stazioni cittadine di Piazzale Euclide, Acqua Acetosa, Campi Sportivi, Monte Antenne, Tor di Quinto, Due Ponti, Centro Rai, Labaro, Prima Porta.

«Debiti che ad oggi hanno maturato già 1 milione di interessi che pagheremo tutti come cittadini», dice Angelo Donati, amministratore unico e proprietario dell’omonima Spa Donati, dietro al tavolo con Gerardo Brindisi, responsabile della commessa, Luca Bosi, presidente di Sicrea Spa e Augusto Cristofari, amministratore unico di Italia Opere Spa. Con loro l’avvocato Salvatore Napolitano, che a livello legale sta seguendo questa nuova, paradossale, vicenda all’italiana.  

Facce stranite e parole velate da una rabbia soppressa, mentre parlano della trascuratezza e il disinteresse del bene pubblico. Raccontano di diffide inviate ad Atac e Regione, di cui sono a conoscenza sia al Ministero delle infrastrutture, co-finanziatore al 60% con la Regione Lazio, che al Provveditorato alle opere pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna, a cui è stata affidata la Direzione Lavori.

Sarebbe un problema banale se non ci fossero due ma: uno, il pagamento dello stato di avanzamento dei lavori, avvenuto sempre con circa 300 giorni di ritardo per i passaggi da Reagione ad Atac ad Ati, con seri problemi con fornitori e lavoratori; due, sebbene acclarato il mancato pagamento e la sospensione dei lavori in attesa di chiarezza, pare che tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, sia sempre di moda: lo sport nazionale dello scaricabarile.

Meccanismi burocratici e deresponsabilizzazione di funzionari e politici, che hanno affossato l’economia della nostra Regione, di cui a farne le spese siamo tutti noi. Come per l’accesso all’area di cantiere da viale David Lubin usato per i mezzi pesanti. «Nonostante le segnalazioni fatte a più riprese per mettere in sicurezza il muro in tufo della collinetta su cui si trova l’ex biblioteca del Cnel – dice il capo cantiere, Stefano Gervasio, mentre indica il posto – la frana annunciata è arrivata e l’accesso è chiuso».

Tante le domande che attendono risposte concrete prima che il cantiere venga smobilitato e rimanga l’ennesima opera incompiuta di cui si può poco vantare la Capitale. Tra queste, il perché ci debba essere un passaggio di soldi vincolati a uno scopo attraverso le casse di Atac – società in attesa di un concordato preventivo per evitare il fallimento – invece di essere erogati direttamente a chi ha eseguito i lavori? La paura è che i finanziamenti dati dalla Regione potrebbero scomparire tra le maglie della procedura in corso e volatizzarsi verso altri lidi.

Un’altra domanda che si fanno all’Ati, è perché, vista la situazione, la Regione non abbia ancora tolto le deleghe sul cantiere ad Atac. Ma principalmente, «che fine hanno tatto questi soldi?».

«Siamo pronti per qualsiasi azione legale contro questo silenzio oneroso per la collettività– precisa l’avv. Napolitano – ma prima di adire in giudizio auspichiamo una convocazione per risolvere bonariamente la cosa». Infatti, «Si potrebbe rischiare di pagare fino a 100 milioni di euro come risarcimento danni» precisa il legale.

Nel frattempo dopo un lungo silenzio si fa viva e con una nota di agenzia risponde: “In merito al nodo Flaminio agli uffici regionali non risultano pagamenti in sospeso verso Atac e la Regione Lazio ha gia’ liquidato tutte le risorse all’azienda, che resta il soggetto appaltatore. In questa fase la Regione non puo’ subentrare ad Atac e non puo’ effettuare pagamenti doppi. La questione riguarda inoltre anche il Mit che e’ l’ente erogatore. I nostri uffici stanno comunque rispondo alle richieste delle aziende per spiegare come stanno le cose”. 

Ad oggi la situazione è che: i soldi non si vedono e non si possono pagare fornitori e lavoratori; il cantiere del nuovo nodo di scambio è moribondo, perché senza certezze non si possono completare le gallerie che passano sotto le abitazioni, dato che una volta iniziati, i lavori vanno completati per evitare cedimenti. Si sono persi circa 60 posti di lavoro e fuori c’è il malcontento dei residenti, per «Questo buco che non va avanti». Chissà se  Virginia Raggi e Nicola Zingaretti, possano mettere un punto fermo a questa vicenda?  

Maurizio Ceccaioni

È SUCCESSO OGGI...