Un mistero aleggia sul Pd, Renzi fa grandi ascolti in Tv ma il partito crolla nei sondaggi

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MICHELE ANZALDI

Nonostante la data del congresso del Pd sia tuttora ignota, nonostante il calo vertiginoso di consensi che il partito registra nei sondaggi, nonostante manchino altre candidature, l’unica cosa certa è che si è scatenata l’offensiva renziana nei confronti dell’unico candidato in lizza per la segreteria, Nicola Zingaretti.

Già ieri dalla Gruber nel corso di una frizzante intervista a Matteo Renzi, che pareva appena uscito da qualche folgorante vittoria dopo almeno 3 anni e più di sonore sconfitte, il leader non più leader, affermava che Zingaretti è inadatto a guidare il partito soprattutto per l’ambiguità del governatore del Lazio nei confronti del M5s, con il quale il Pd non può avere niente a che fare. 

Concetto ribadito anche oggi dal presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci  a Un Giorno da Pecora su Radio 1. Per Marcucci, di comprovata fede renziana,  Zingaretti non ha «il piglio giusto, lo stile di comunicazione e lo slancio di cui ha bisogno il Partito Democratico per rilanciarsi. La linea politica che io immagino e’ quella di un Pd molto più aperto, che recupera elettorato a sinistra, ma che e’ in grado di dialogare con un mondo più centrista che guarda all’Europa come punto di riferimento». Che visto questo fulminante identikit, non si capisce come Zingaretti possa aver vinto le elezioni nel Lazio mentre il Pd tracollava dappertutto.

Tuttavia, se ci fosse un congresso vero con tanto di militanti (sia pur residuali) e discussione nei circoli (ancora aperti), tali affermazioni potrebbero essere oggetto di confronto oppure, come avveniva nel defunto PCI di “tesi congressuali”, mentre ormai tutto si riduce alla personalizzazione e alla figura dei candidati in lizza.

Per di più il candidato di Renzi ancora non c’è, tanto che fra i pasdaran romani del renzismo doc circola la voce, o meglio, l’ideona disperata  di candidare Maria Elena Boschi, mentre la corrente che fa capo al presidente del partito Matteo Orfini ha messo rapidamente il silenziatore alla sua proposta di sciogliere il Pd per una palingenetica e radicale soluzione finale. Tutto, anche il suicidio, fuorchè il congresso.

Insomma, a dir poco, le idee non sono molto chiare a livello del partito cittadino e le cose non vanno certo meglio alla sua sinistra, a Leu con il suo festival alla Città dell’Economia a Testaccio che ha visto una deludente partecipazione di popolo nonostante la partecipazione ai dibattiti dei grossi calibri della politica. 

A livello regionale il senatore Bruno Astorre, area Franceschini, scalda i motori per la segreteria cui l’ex eurodeputato, il ciociaro Francesco De Angelis, ha rinunciato per consolarsi, forse, con la presidenza, del consorzio industriale unico del Lazio approvato appena ieri alla Pisana.

Per ora mancano gli altri candidati e il senatore non si sbilancia più di tanto, anzi ci va proprio cauto,  perché pur avendo garantito il suo appoggio a Zingaretti nella corsa alla segreteria nazionale sa che Orfini e Mancini un nome per la segreteria regionale prima o poi lo tireranno fuori.   

In questo bailamme, c’è ancora chi intravede il miracolo di una ri-discesa in campo di Renzi. Lui  ha detto chiaramente alla Gruber che non ci pensa nemmeno perché ha in mente (per ora) la convention della Leopolda a Firenze.

Ma Michele Anzaldi, deputato del Pd giornalista, che è stato anche membro della commissione di vigilanza Rai vede segnali di fumo (più che di arrosto) molto positivi per l’ex segretario

«Con l’intervista a Renzi, ‘Otto e mezzo’ di Lilli Gruber – scrive su Fb- (Renzi) ha raggiunto il 6,8% di share, uno dei risultati più alti da inizio stagione e due punti in più della puntata con Di Battista (4,9%).» Poi a  ‘Porta a porta’ di Bruno Vespa  ha fatto il 13,8% di share, oltre due punti sopra l’11,2% della puntata  con Di Maio. 

Da questi dati  Anzaldi evince che «gli italiani stanno iniziando a capire sulla propria pelle che il Governo è guidato da bugiardi professionisti che raccontano solo balle e pensano solo ai click delle dirette Facebook ». Inoltre aggiunge «i cittadini iniziano ad aprire gli occhi e Renzi resta non soltanto il leader di centrosinistra più apprezzato e popolare nell’elettorato, ma anche l’unico che sta facendo realmente opposizione dura.» che se non è un invito a Renzi a ricandidarsi poco ci manca. 

La politica  è ormai liquida come la società (copyright Bauman/Veltroni) e i partiti, fra i quali il Pd (ma non la Lega) sono addirittura in fase di liquefazione, quindi di tutto po’ accadere e per i fans di Renzi l’ultima spiaggia rimane lui, che comunque controlla i gruppi parlamentari e parte della macchina di potere piddina. Così sotto sotto incrociano le dita non per un suo revival  non televisivo, ma politico alla guida del partito  che sarebbe il toccasana rispetto alle candidature deboli di cui circolano da tempo i nomi sui giornali.

In tal senso giocherebbero a suo favore anche i bagni di folla di Matteo in alcune feste dell’Unità fra le quali quella nazionale di Ravenna che lui si è premurato di enfatizzare come affettuoso abbraccio di massa di militanti ed elettori nei suo confronti.

Purtroppo non sono dalla sua i sondaggi che lo vedono agli ultimi posti nelle simpatie degli italiani mentre da altri sondaggi Zingaretti viene dato favorito alla guida del partito.

Chissà, forse dalla Leopolda che vide l’ascesa del giovane leader, potrebbe uscire il proverbiale coniglio della candidatura renziana dal cilindro dell’intramontabile leader. Magari l’intellighenzia leopoldina fra acclamazioni ed entusiasmi potrà anche obliare  i sondaggi che danno il Pd addirittura sotto il 17% e un consenso a questo Governo che supera invece il 60%.

Ma se Renzi buca lo schermo, come sostiene Anzaldi, qualcuno può sempre rimproveragli di aver contribuito a bucare le ruote del Pd e forse lui, oggi, non è il gommista più adatto a metterci le pecette. 

Giuliano Longo

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