In queste ore scelte epocali scuotono il Pd in vista delle primarie: Zingaretti, Martina e Giachetti si contenderanno l’ambito palio della segreteria. Pur consapevoli che ai nostri lettori la notizia non comporterà grandi traumi, per dovere di cronaca siamo tenuti a pubblicare.
Intanto partiamo dalla data dei gazebo, che prevede una partecipazione molto ridotta rispetto alle precedenti primarie che incoronarono Renzi e Bersani. Nel frattempo qualcuno degli strateghi della comunicazione piddina si è accorto che il fatidico 3 marzo corrisponde alla domenica centrale del Carnevale.
Panico, tanto che qualche federazione chiede di anticiparla al sabato precedente la competizione, che secondo noi è ancora peggio perché i simpatizzanti potrebbero recarsi ai gazebo in costume o addirittura in maschera alimentando l’ironia degli avversarti che comunque, dal “Truce Salvini” in giubbotto della Polizia ai 5Stelle soprattutto con il ministro Toninelli e l’ineffabile Di Maio, di mascherate se ne intendono, eccome.
Ma come se non bastasse oltre che il ballo in maschera, il Pd sta discutendo, badate bene, non su questioni di linea e contenuti (già superate dagli inesistenti congressi dei circoli), ma adesso di questioni sostanziali.
Tentiamo di capire e di darvi conto.
Ebbene, si tratta della appassionante questione della presentazione delle liste per le primarie sulla quale martedì si deciderà se nella scheda dovranno essere presenti tutti i nomi dei candidati all’Assemblea nazionale, sotto i simboli delle singole liste, oppure nelle schede dovrà venir stampato solo il logo delle liste, anziché il nome dei tre candidati, Giachetti, Martina e Zingaretti (in rigoroso ordine alfabetico).
Ma c’è poi un’altra questione, perché l’assurdo Statuto del Pd prevede che l’elettore voterà la lista per l’Assemblea nazionale e non direttamente il candidato segretario, con il rischio che se il segno venisse apposto sul nome del candidato e a questo fossero collegate due liste, quel voto sarebbe nullo perché non indicherebbe la preferenza all’una o all’altra lista.
Il problema angoscioso riguarda essenzialmente le cordate perché il malconcio Martina (molto distaccato da Zingaretti nelle votazioni dei circoli) vorrebbe sfruttare il sostegno e la notorietà di gran parte dei parlamentari e di molti dirigenti locali del partito che inseriti sulla scheda da capilista gli garantirebbero i voti, mentre Zingaretti conta poco fra i gruppi parlamentari a suo tempo plasmati a immagine e somiglianza di Renzi e Orfini.
Giachetti non pervenuto e lasciamo perdere.
Un altro problema è il numero dei gazebo.
Anche qui un tira e molla è sfiancante perché i fans del governatore del Lazio, sempre fedeli ma spesso non acuti sul piano della comunicazione, accusano gli avversari di voler ostacolare l’affluenza al voto, così Martina e Giachetti potrebbero dimostrare che il governatore vince, si, ma data la bassa affluenza dovrà fare i conti con loro, magari in Assemblea Nazionale se non supera il 50%.
Siccome tutti amano l’unità del Pd tanto da non mettersi d’accordo su niente, questa insinuazione ci sembra ingenerosa.
Nell’ombra della competizione il convitato di Pietra, Matteo Renzi, che presenta a tutto spiano il suo nuovo libro che auto-glorifica i personali successi che hanno portato il partito ai minimi storici da Terza internazionale prima del fascismo, ma eccita i suoi fans fra gli aficionados di Giachetti, che perde sempre e a vincere non gliene frega più di tanto, ma soprattutto fra quelli (più criptici) di Martina, che crede di rinnovare il partito nella continuità.
Insomma il Carnevale è vicino e sono proprio le maschere del politichese che non ci fanno intendere dove il Pd andrà a finire.
Giuliano Longo