Minenna e il doppio incarico: sempre più vicina l’ora delle scelte

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“È andato tutto bene”. Così affermava martedì l’assessore capitolino al Bilancio, Marcello Minenna, uscendo dal Campidoglio, a chi gli chiedeva come fosse andata la riunione del tavolo inter-istituzionale sul piano di rientro di Roma Capitale. Che poi abbia partecipato alla riunione con i funzionari del Ministero delle Finanze in permesso sindacale, visto che sino a poco tempo fa faceva parte del direttivo Cgil Assicurativi e bancari, oppure di un permesso non retribuito o utilizzando un giorno delle ferie che gli spettano dalla Consob, non è dato sapere. Perché qui sta il corno del dilemma.

ASSESSORE SENZA EMOLUMENTO

Infatti l’assessore di Virginia Raggi ha rinunciato all’emolumento assessorile per mantenere i 120mila euro anno di stipendio della Consob, dalla quale rimane dipendente senza nemmeno chiedere l’aspettativa come avvenuto, ad esempio, per fior di magistrati che hanno lavorato in Campidoglio.
La cosa non è piaciuta al Pd tanto che il problema della incompatibilità è stato sollevato con un’interpellanza urgente dell’onorevole Giampaolo Galli e di altri 36 deputati del Partito democratico al presidente del Consiglio, al ministro dell’Economia e a quello della Pubblica amministrazione.

INTERPELLANZA DEL PD

Nella interpellanza si spiega, fra l’altro, che Marcello Minenna «è attualmente dipendente a tempo pieno della Consob, dove ricopre l’incarico di responsabile dell’ufficio Analisi quantitative e innovazione finanziaria». Ma che il decreto legge di istituzione della Commissione della Borsa all’articolo 2 stabilisce che «al personale in servizio è in ogni caso fatto divieto di assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali o industriali». Non solo, lo stesso regolamento prevede che «il dipendente è tenuto a prestare la propria attività con diligenza, correttezza e spirito di collaborazione (…), a osservare l’orario di lavoro, ad assolvere tempestivamente i compiti attribuitigli, attenendosi alle direttive di organizzazione e di indirizzo impartitegli». Il dubbio è che due incarichi così impegnativi «verrebbero svolti in contemporanea e, necessariamente, a tempo parziale, quando Roma ha invece bisogno di un assessore che si occupi a tempo pieno di questioni decisive come il bilancio e la riorganizzazione delle partecipate».

LE TANTE DELEGHE DI MINENNA

Senza contare che tra i compiti affidati all’assessore Minenna «vi sono in particolare quelli relativi alla riorganizzazione delle società partecipate, tra le quali anche Acea, società quotata in Borsa e quindi soggetta al controllo della Consob. Da qui deriverebbe una indebita commistione fra controllato e controllore, e quindi un potenziale conflitto di interessi….» Rincara la dose il  senatore Mucchetti del Pd che trova invece la decisione della Raggi in netto contrasto con le posizioni del Movimento 5 Stelle accanito censore dei vari conflitti di interesse. In effetti, se si guarda all’agenda dell’assessore, risulta ben difficile che si possa sdoppiare nei due ruoli: entro luglio rinegoziazione del debito capitolino, per avere debiti meno pesanti; poi verifica straordinaria di cassa dalla quale emergerà la liquidità effettiva e l’eventuale equilibrio finanziario del Comune. Il tutto in vista della manovra di assestamento che dovrà essere varata in tempo per il 30 novembre.

POSIZIONI FORTI

Oltre che manager di sinistra apprezzato anche da Stefano Fassina, si distinse per le sue critiche alla fusione Unipol- Fonsai tanto che il presidente Vegas ne chiese le dimissioni nel maggio del 2014. Che fosse ai ferri corti con il suo presidente lo dimostra anche la posizione di Minenna assunta mesi fa quando, sul crac di Banca Etruria, rivelò come la Consob avrebbe inopinatamente cambiato linea rispetto ai casi precedenti, cavalcando la teoria che non fosse più necessario per le banche indicare la percentuale di rischio ai clienti dei bond subordinati. Sindacalista della Cgil vicino anche alle posizioni della Fiom di Landini, si reputa un discepolo dell’ex ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa, scomparso nel 2010, distinguendosi per le sue critiche nei confronti della politica di austerity della UE. Che di un personaggio così scomodo la Consob si voglia liberare pare possibile, ma che possa farlo legittimamente attribuendogli un lauto stipendio purché si levi di torno facendo solo l’assessore, c’è da dubitarne.

Giuliano Longo

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