Amatrice fra dolore e speranza. Intervista al sindaco Pirozzi

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Mancano pochi giorni da quel 24 agosto, data di quella prima scossa di terremoto che con i suoi morti e le devastazioni sembrava aver segnato la sorte di Amatrice e di tutte le comunità del cratere. Una triste ricorrenza che come ci ha detto il sindaco Sergio Pirozzi, i suoi concittadini vogliono ricordare nella memoria di chi non c’è più possibilmente nel raccoglimento lontani dai clamori mediatici.

Momento di lutto ma anche di speranza signor sindaco.

«Qui ci sono due aspetti contrastanti. Da una parte un mondo che a fatica riparte, come testimoniamo oggi con l’apertura dei ristoranti, dei primi negozi, del supermercato grazie alla solidarietà degli italiani. Con l’apertura definitiva del liceo scientifico con 32 iscritti di cui 21 da fuori regione, il palazzetto dello Sport che si sta realizzando grazie al CONI, il campo sportivo i cui lavori partiranno il 28 agosto». 

Insomma tutto un modo che tenta faticosamente di ripartire. Dall’altra parte c’è quella dura scorza del dolore testimoniata dalle macerie ancora non rimosse, tutte lì a rinfocolare il ricordo del lutto. 

«In questi giorni ho incontrato i famigliari delle vittime e ho chiesto loro cosa vogliono per la celebrazione di quell’ora fatidica e mi hanno detto che intendono ricordarla da soli andando nella zona rossa che ha segnato la sorte dei loro cari. Poi ho chiesto se ritenessero importante la presenza dei media e hanno chiesto rispetto per quel momento rendendosi successivamente disponibili alla loro presenza che comunque tanto ha contribuito al racconto del disastro e a quell’ondata di solidarietà di popolo che ci sta aiutando».

A proposito di macerie, i militari stanno arrivando per la rimozione?

«Li avevo chiesti al premier Gentiloni nel corso del nostro incontro a Palazzo Chigi  e saranno di supporto al bando che ha già fatto la Regione. I militari  stanno già al servizio del comune di Arquata, ma l’importante è aver compreso che questo aiuto era necessario. Soprattutto dopo aver vissuto 4 terremoti, l’eccezionale nevicata, quell’altalenarsi di ansia e depressione. Anzi, le aggiungo che  mi fa arrabbiare quell’immagine che gira all’estero delle macerie non rimosse e che non rende merito all’enorme lavoro del mondo della solidarietà e dei volontari».

Eppure di risorse finanziarie ne sono arrivate da tutto il mondo.

«E’ vero, ma oggi l’apertura degli 8 negozi è la prima iniziativa finanziata con i soldi dello Stato, mentre tutto quello che abbiamo restaurato e costruito sino ad oggi è dovuto alla solidarietà degli italiani».

Proprio in considerazione di questa faticosa ricostruzione, quanti cittadini di Amatrice ancora ci vivono o sono ritornati?

«Prima della nevicata del 18 gennaio e delle due successive gravi scosse di terremoto erano presenti 1.200 persone. Dopo quella nevicata e la terza scossa eravamo arrivati a 600, oggi con la consegna delle 200 case ed entro la fine del mese di altre 100 siamo tornati alle 1600 persone. Quasi il 60% dei residenti preterremoto».

Gli altri dove sono?

«Pochissime persone vivono sulla costa. Le altre utilizzano il contributo autonomo di sistemazione in quell’area dove le case sono ancora agibili, altri ancora nelle seconde case, altri presso parenti o in altri paesi. Il fatto vero è che le abitazioni, per assurdo,  senza il lavoro e le attività non servono. Questa del ripristino della attività si è rivelata una nostra scelta giusta. Di qui la  battaglia per la zona urbana franca che ha liberato i nostri concittadini dal pagamento di tasse e contributi che avrebbero segnato la sconfitta di popolazioni già provate».

Si riferisce alla cosiddetta Contea di Amatrice?

«Quella, se vuole, è stata una provocazione ma poi il padre Stato si è sostituito al figlio Comune e la ‘Contea’ ha contribuito  al rilancio delle attività anche perché l’ordinanza del commissario Errani prevedeva solo la quantificazione del danno subito e non quanto serviva per riaprire un’attività. Quindi con la Contea siamo intervenuti concretamente in supporto dello Stato. E lo abbiamo fatto senza protestare con una propaganda politica strumentale e becera, che avrebbe sancito la morte di tante attività, invece abbiamo offerto un supporto pratico alla nostra gente».

Del centro storico di Amatrice cosa sarà?

«Con un milione e centomila tonnellate di macerie da rimuovere non c’è un edificio storico che sia rimasto in piedi. Altri centri storici come Norcia sono già stati assistiti con i contributi per il terremoto del ’97 e quello più recente tutto sommato meno devastante rispetto a quello che ci ha colpito. Di Amatrice che ha subito uno scossa del livello più distruttivo della storia d’Italia con devastazioni pari a una guerra vera e propria, il problema di una ricostruzione del centro storico diventa obiettivamente difficile».

Ogni percorso di rinascita ha le sue fasi anche psicologiche, oggi, dopo il momento della disperazione a che punto siamo?

«Il percorso è ancora lungo e il dolore te lo porti dentro per tutta la vita. Ti faccio l’esempio di uno dei gestori degli 8 negozi che ha avuto una vittima in famiglia . Il 30 agosto dissi che avevamo due possibilità. La prima quella di scappare sopraffatti dal dolore e l’altra quella di reagire. Oggi sono invece orgoglioso di questa comunità che ha reagito, è presente e da un senso a questa terra. Per questo obiettivo mi sono speso senza risparmio, trascurando tutta la mia vita personale». 

Che ricordo umano ha del capo della protezione civile Curcio recentemente dimessosi dall’incarico per motivi personali?

«Una bravissima persona che nei momenti estremi sapeva trasmettere una grande serenità. Lui è entrato nel dolore di Amatrice e lo ha condiviso e di questo gli sarò eternamente grato. Anche nei momenti di tensione abbiamo trovato una intesa vera, umana».

E i rapporti con il commissario Errani, che pure ha la responsabilità per tutta l’area terremotata del Centro Italia?

«Con Vasco abbiamo avuto un buon rapporto, fermo restando che le responsabilità del commissario sono diverse da quelle di un sindaco che difende la propria comunità, ma il rapporto è sempre stato leale nel rispetto dei diversi ruoli istituzionali. Per il resto occorrerà vedere quale sarà il disegno politico per queste aree nei prossimi anni».

A conclusione dell’intervista Pirozzi ci ha comunicato che il 13 settembre si recherà in Germania per dare seguito a quello stanziamento di 6 milioni deciso dalla cancelliera Merkel per la ricostruzione dell’ospedale.  

Giuliano Longo

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