Tensione migranti a Roma, mamma: «Eritreo minacciava mio figlio nel passeggino»

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“Mi hanno chiuso dentro al centro, mi hanno trattenuto con la forza, mi hanno trascinato per 500 metri. Io volevo solo proteggere mio figlio e i miei nipoti”. A parlare all’Adnkronos è Pamela. Ieri sera è entrata nel centro di accoglienza del Tiburtino Terzo per cercare l’eritreo che, spiega, “aveva minacciato i suoi nipoti e il figlio” piccolino, di appena un anno e mezzo, scatenando una serata di ordinaria follia alla periferia est di Roma.

 

Prima di parlare, Pamela mostra le foto dei lividi, i segni delle dita sulle braccia, quelli del trascinamento a terra sulla schiena e sulle gambe, i lividi sul volto, a testimonianza della verità del suo racconto. Poi comincia dall’inizio, da quando ha visto i suoi nipotini tornare a casa in lacrime. “Ieri sera i miei nipoti di 10 e 12 anni stavano passeggiando insieme a un’amichetta di 15 anni: con loro avevano mio figlio, di un anno e mezzo, nel passeggino, stavano cercando di farlo addormentare – racconta la donna – A un certo punto si è avvicinato questo eritreo, diceva cose che non capivano, si avvicinava al piccolino e lo indicava. Loro si sono spaventati, gli hanno detto di andar via, e lui gli ha lanciato contro i sassi. Sono tornati da me piangendo. Non ci ho visto più, ho preso con me il mio nipotino di 12 anni e sono scesa a cercarlo”.

“Ho girato un po’, poi, quando l’abbiamo visto, lui ha preso a correre e si è rifugiato dentro il centro di via del Frantoio – prosegue Pamela – Io gli sono corsa dietro, ma quando ho oltrepassato il primo cancello, me lo sono sentito chiudere dietro.

 

Poi ho visto arrivare gli altri immigrati. Mi hanno buttata a terra, mi hanno tenuta giù, hanno preso mio nipote per il collo. Io urlavo, poi sono arrivate delle persone, residenti del quartiere, hanno aperto il cancello e siamo riusciti a uscire. Ma mi hanno preso di nuovo, mi hanno trascinato per 500 metri, prima che mi riuscissi a liberare”. “Ho avuto paura, tanta. Poi ho scoperto che quell’uomo non sta bene mentalmente, che l’avevano cacciato dal centro perché aveva già creato problemi – aggiunge la donna – Dell’accoltellamento non so nulla, non so che cosa è accaduto quando lui è entrato nel centro, non so quello che fanno tra di loro. Quello che so è che qui si ubriacano, danno fastidio, ma io voglio che i miei figli e i miei nipoti abbiano il diritto di passeggiare in pace”.

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