Ampliamento Mad: quel vecchio “no” all’ampliamento che ostacola la sopraelevazione

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Dell’ampliamento della discarica Mad di Roccasecca (Frosinone) se ne parla da anni. La proprietà infatti già nel 2015 aveva presentato una domanda per la realizzazione di un quinto bacino di circa 850mila metri cubi di capacità. Un ampliamento “orizzontale” del tutto diverso da quello in discussione in queste settimane in Regione Lazio (e che ha visto una sfilza di no essere presentati in conferenza di servizi sia dai Comuni della zona che da altri enti come la Sovrintendenza). L’ultimo progetto in esame, che non richiederebbe quasi alcun investimento alla proprietà, tratta riguarda un ampliamento “verticale”: non verrebbero creati nuovi bacini insomma ma verrebbero abbancati molti più rifiuti, fino a creare delle vere e proprie colline di immondizia in un territorio attualmente sotto monitoraggio della Regione Lazio per “potenziale inquinamento” di terrenti e falde acquifere.

Un progetto, quest’ultimo, su cui non punta solo la proprietà (che legittimamente punta, a livello imprenditoriale, a far fruttare il più possibile gli invasi) ma anche la Regione, che in questo modo risolverebbe temporaneamente il problema della mancanza di discariche su tutto il territorio. Una soluzione tampone che rischia di costare tanto (la nuova tariffa applicata alla discarica di Civitavecchia, sempre di proprietà Mad e recentemente autorizzata a incamerare ancora più rifiuti, ne è una dimostrazione) ma che potrebbe evitare il commissariamento del settore Ciclo integrato dei rifiuti come sentenziato dal Tar in una recente pronuncia.
Proprio la Regione, tuttavia, potrebbe rappresentare una delle concause alla bocciatura di questo nuovo progetto. Il piano di costruzione di un nuovo bacino nella discarica Mad di Roccasecca, infatti, è tutt’ora bloccato su decisione del responsabile del procedimento che ha ritenuto necessario sospendere l’iter in attesa del completamento della Valutazione Ambientale strategica (la Vas) che spetta proprio la Regione.
La domanda sorge spontanea: perché se la mancanza di tale valutazione ha bloccato la costruzione di un nuovo invaso, questa non dovrebbe bloccare anche un ampliamento verticale?

Il cerino, simbolicamente, rimane quindi in mano alla Regione Lazio che sembra essere arrivata a un bivio: o inizierà a programmare, con regole trasparenti, la gestione del ciclo dei rifiuti su tutto il territorio (individuando anche nuovi invasi dove possano conferire i Tmb e Tbm presenti) oppure il commissariamento appare sempre più concreto.
La Mad, peraltro, a Frosinone continua a essere autorizzata a incamerare rifiuti che superano (e di molto) il limite previsto per l’indice respirometrico potenziale. Per i non addetti ai lavori si tratta di livelli che indicano il grado di “purezza” dello scarto prodotto dalla lavorazione del rifiuto indifferenziato: più l’indice è alto più il prodotto è molto più simile al rifiuto non trattato (che non dovrebbe essere smaltito tal quale in discarica). Una problematica anche questa non risolta dalla Regione Lazio che da una parte (è il caso dell’ampliamento della discarica di Crepacuore a Civitavecchia) impone indici respirometrici potenziali pari a mille e dall’altra permette superamenti (è il caso di Frosinone) anche di quattro cinque volte il limite base.

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