Roma: salasso sui rifiuti ma la Regione non aveva risolto l’empasse?

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La situazione legata allo smaltimento dei rifiuti, soprattutto indifferenziati, nella Capitale continua a essere molto seria. Ama non ha ancora approvato il bilancio ma soprattutto continua a spendere cifre esorbitanti per portare gli scarti di lavorazione degli impianti tmb fuori regione. La maggior parte dei rifiuti indifferenziati raccolti da Ama sul territorio romano vengono infatti inviati negli impianti di Salario e Rocca Cencia (sempre di proprietà Ama) e qui lavorati. Poi però, i sovvalli derivanti dal trattamento vengono smaltiti (cioè portati in discarica) fuori regione, con l’azienda che deve sopportare anche i costi del trasporto.

Un percorso lungo e tortuoso che, complessivamente, viene a costare 200 euro per tonnellata, circa il 30 % in più rispetto al prezzo (154 euro a tonnellata) previsto nel maxi appalto bandito da Roma Capitale per il conferimento di rifiuti indifferenziati e di smaltimento degli scarti derivanti dalla lavorazione la cui gara si svolgerà solo a settembre (ma per la quale non sarebbero pervenute ancora domande di partecipazione).
Un salasso continuo per i cittadini ma soprattutto un empasse per l’intera Regione che vede impianti Tbm utilizzati al di sotto delle proprie capacità (è l’esempio della Rida Ambiente di Aprilia che ancora aspetta di capire dove smaltire gli scarti di lavorazione) e altri che invece sono vicino al collasso (come ad esempio quelli Ama di Roma come più volte denunciato dai sindacati dei lavoratori).
Eppure la Regione Lazio, sulla carta, la soluzione l’aveva trovata: con la determinazione N. G08295 del 02/07/2018 infatti la direzione politiche ambientali e ciclo dei rifiuti ha aggiornato l’autorizzazione integrata ambientale della discarica di Fosso Crepacuore a Civitavecchia.

Una scelta che da una parte avrebbe dovuto risolvere i problemi di Roma Capitale e dall’altra permettere alla Regione Lazio di definire il contenzioso (che dura ormai da due anni) con la Rida Ambiente di Aprilia a cui il Tar ha dato per ben due volte ragione sostenendo che fosse l’ente guidato da Zingaretti a dover indicare uno o più invasi dove l’azienda avrebbe potuto smaltire i propri scarti di lavorazione (che oggi invece vengono inviati fuori regione).
Ma dalla carta, e siamo al 30 di luglio, ancora non si è passati ai fatti: da una parte Rida Ambiente ha effettuato un nuovo ricorso al Tar contestando la decisione della Regione (motivando la scelta sia con alcuni dubbi tecnici che con la tariffa di ingresso lievitata da 50 a 95 euro per tonnellata di materiale incamerato) dall’altra gli impianti Tmb di Roma Capitale continuano a portare altrove i propri scarti. L’empasse continua e le soluzioni latitano.

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