Lazio, Palozzi va al Tar per “riprendersi la poltrona” di vicepresidente del Consiglio

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Mentre la Procura di Roma, nel chiudere l’inchiesta sullo stadio della Roma, chiede per lui il processo, Adriano Palozzi, agli arresti domiciliari da giugno, vuole riprendersi la poltrona di vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e per questo si e’ rivolto al Tar Lazio.

Proprio in seguito alla misura cautelare subita, l’esponente di Forza Italia era stato prima sospeso dal ruolo di consigliere regionale, con un decreto del presidente del Consiglio lo scorso 24 luglio (per gli effetti della legge Severino) recepito dall’Assemblea regionale che lo aveva sostituito momentaneamente con Roberta Angelilli, quindi era stato ‘spodestato’ anche nel suo ruolo di vicepresidente lo scorso 8 agosto, quando l’Aula della Pisana voto’ al suo posto Giuseppe Cangemi (nel frattempo transitato nel Gruppo Misto). Due provvedimenti (la sospensione da consigliere e la “rimozione” da vicepresidente del Consiglio) che Palozzi, attraverso i suoi avvocati, ha deciso di contestare davanti al Tribunale amministrativo chiedendone l’annullamento. Innazitutto perche’ “entrambi i provvedimenti impugnati (quello del Presidente del Consiglio dei Ministri e la deliberazione del Consiglio regionale) scontano il mancato avvio del procedimento nei confronti del ricorrente- si legge nel ricorso- che non ha potuto in alcun modo partecipare al procedimento di comminazione della sospensione da parte della Presidenza del Consiglio, e poi della comminazione da parte della Regione della sospensione dalla carica di Consigliere regionale e vicepresidente dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale”. In sostanza “le rispettive amministrazioni avrebbero dovuto comunicare al ricorrente l’intenzione di sospenderlo dal Consiglio regionale, conseguenza immediata della legge Severino”. Ma i legali di Palozzi si concentrano in particolar modo sul “provvedimento di cessazione dalla carica di vicepresidente dell’Ufficio di Presidenza, certamente peggiorativo dello status dell’on. Palozzi, non e’ stata preceduta da alcuna contestazione e quindi in concreto assunta senza alcuna motivazione e tantomeno effettivo contraddittorio con l’interessato.

La Regione Lazio, andando al di la’ di quanto stabilito dalla presidenza del Consiglio, ha invece provveduto non solo alla sua sospensione dalla carica di vice presidente, ma ad una vera e propria rimozione dell’on. Palozzi dalla carica di vicepresidente dell’ufficio di Presidenza, non limitandosi a una mera presa d’atto di quanto gia’ stabilito dalla Presidenza (come recita l’oggetto della delibera), ma andando ben oltre il dettato della Presidenza del Consiglio, in violazione dell’art.8 del dlgs 235/2012, che demanda alla Regione unicamente la mera applicazione del proprio provvedimento ai fini dei provvedimenti meramente consequenziali”.

Secondo la difesa del consigliere di Forza Italia il decreto del presidente del Consiglio, che aveva sospeso Palozzi, e la delibera del Consiglio regionale che aveva eletto Cangemi a vicepresidente “siano a questo punto del tutto contraddittori, ove si pensi che il primo provvede a sospendere il ricorrente dalla vicepresidenza, ed il secondo – che dovrebbe essere meramente esecutivo del primo – di fatto lo rimuove dalla stessa: da qui l’illegittimita’ anche sotto tale profilo”. E “la delibera del Consiglio regionale di cessazione della carica di vicepresidente e’ pertanto viziata da incompetenza in concreto”. Per l’Ufficio di presidenza “occorre necessariamente rifarsi all’art.20 dello Statuto regionale, che per la sostituzione prevede indefettibilmente il grave impedimento- proseguono i legali di Palozi nel ricorso- Si deve poi considerare che gli arresti domiciliari sono una misura interinale che nel caso di specie, alla luce dei reati contestatigli, puo’ durare al massimo solo sei mesi a decorrere dal 13 giugno 2018, e che dunque avrebbe avuto naturale scadenza al massimo il 13 dicembre 2018”. Insomma, secondo gli avvocati di Palozzi, il voto che ha portato Cangemi a prendere il posto di Palozzi come vicepresidente e’ avvenuto in presenza di una misura cautelare che avrebbe avuto un termine certo, facendo venire meno il concetto di ‘grave impedimento’: “L’unico dato certo, al momento, e’ che la misura cautelare scadra’ al piu’ tardi il 13.12.2018 e questo dato era a disposizione del Consiglio regionale gia’ l’8 agosto 2018. Pertanto la cessazione della carica appare illegittima e manifestamente priva di una corretta ed equilibrata motivazione che tenga conto di quanto esposto. Del tutto inadatta e sproporzionata, oltre che immotivata, e’ dunque la cessazione della carica da un lato e la nomina di un nuovo vicepresidente in sostituzione di Palozzi dall’altro, per un periodo di tempo sostanzialmente limitato e in gran parte feriale, ritenendo apoditticamente che nel caso di specie vi sia un grave impedimento”.

E ancora: “Pare dunque, a chi scrive, che la nomina di un nuovo vicepresidente in un Ufficio di presidenza che conta sei membri in tutto, e che dunque certamente non accuserebbe alcuna difficolta’ di funzionamento se per un periodo comunque limitato di tempo annoverasse solo 3 vicepresidenti, null’altro sia che una vera e propria rimozione sine die del ricorrente dalla funzione, forse ritenendolo non piu’ adatto come indagato a fare parte dell’Ufficio anche quando rientrera’ a fare parte del Consiglio regionale”. Pertanto secondo i legali di Palozzi “e’ dunque illegittima la nomina dell’on. Cangemi”. Ma c’e’ di piu’, perche’ in un passaggio del ricorso il dito degli avvocati viene puntato piu’ in generale contro tutto il Consiglio: “Nel momento in cui l’on. Palozzi, prima ancora che cominci un processo penale nei suoi confronti (che vedremo se e e quando iniziera’, e se lo vedra’ fra gli imputati), viene di fatto privato sine die del ruolo di vicepresidente che gli era stato legittimamente attribuito dopo le elezioni, avendo egli ricevuto oltre 14mila preferenze dagli elettori laziali, pare evidente che venga messo alla gogna mediatica da parte degli stessi colleghi ben al di la’ di quello che la norma di legge consente”.

 

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