Rifiuti, il Governo litiga sugli inceneritori e nel Lazio resta il nodo discariche

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È piena polemica nel Governo sulla questione inceneritori. Per Salvini  I termovalorizzatori, “se gestiti bene e controllati bene, portano più salute ed economia. E quindi sicuramente la Lombardia non torna indietro, anzi l’obiettivo è che anche altre regioni vadano avanti. Non voglio un Paese che torni indietro”.

Diversa invece la visione del ministro Costa. “La domanda e’: l’inceneritore serve al sistema italiano? La risposta e’ che non serve incrementarne il numero. Questa risposta ce la danno due Regioni: il Veneto che ha chiuso due inceneritori e la Lombardia che sta per chiuderne quattro perche’ non si riescono piu’ ad alimentare. Questo perche’, fortunatamente e per capacita’ dell’Italia, la differenziata sta crescendo molto”. Così oggi a Sky TG24 il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa riapre il dibattito sulla questione degli inceneritori.

LA QUESTIONE LAZIALE

Il Lazio resta per ora appeso al vecchio piano rifiuti della Polverini. Proprio oggi è in corso alla Pisana un Consiglio straordinario per definire il futuro degli impianti e definire le azioni da intraprendere in alcuni territorio dove si rischia un’emergenza.

Nella nostra regione la questione inceneritori sembra per ora essere stata superata dalle politiche di dismissione messe in atto dal Governo Zingaretti. Il vero problema da noi è il conferimento dei rifiuti in discarica vista la scarsità di siti disponibili. Non è un tema banale, poiché la discarica è il terminale finale di una quantità di rifiuti che provengono dagli impianti di trattamento che, a seconda della loro efficienza ed aggiornamento tecnologico, sono in grado di garantire un riutilizzo energetico del rifiuti trattato che va (con le odierne tecnologie) da un 10 ad un 50-60% circa del rifiuto totale. Fatto 100, in breve, i vari impianti possono riconvertire, attraverso l’incenerimento solo una parte tratta e depurata da sostanze gravemente inquinanti fino 50% o poco più, il resto va in discarica. Tra l’altro delle tre discariche ipoteticamente attive la discarica di Frosinone, gestita dalla società “Mad” è al momento in attesa di ampliamento. Di fatto – quindi – sul territorio laziale esistono solo due discariche attive: quella di Civitavecchia e quella di Viterbo.

A ROMA SUD SI PENSA A UN CONSORZIO DI COMUNI PER L’ORGANICO

“In questi mesi siamo piombati in un’emergenza, quella del conferimento dell’umido, per certi versi annunciata – spiega il sindaco di Roccasecca Domenico Sacco a Frosinone Today – ma paradossalmente sottaciuta da chi avrebbe dovuto sollevare il problema. L’hanno sottaciuta per evitare i problemi con i quali ci stiamo confrontando ora e che incidono anche in termini di costi sui cittadini. Ma ormai conosciamo alla perfezione quali sono le dinamiche sottese alle decisioni assunte dalla SAF: paradossalmente di proprietà di tutti i Sindaci, che però non hanno mai avuto il controllo né sulla gestione né sulle scelte da adottare. Eppure la soluzione è a portata di mano ed a mio avviso nasce proprio in seno allo statuto SAF. Chi lo ha redatto all’epoca ha pensato bene di prevedere il Comitato di Rappresentanza dei Sindaci con ampi poteri consultivi, di controllo e di proposta sulla gestione e sul consiglio di amministrazione della società. Comitato composto da 11 membri tra cui i Sindaci delle città più grandi e quelli di Comuni sede degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Se ne è parlato, ne ha fatto cenno anche il Presidente della Provincia Antonio Pompeo ma non è mai stato costituito ed il potere che gli attribuisce lo statuto spiega anche il motivo. Bene, ripartiamo da qui. Facciamo in modo che siano i Sindaci a decidere cosa devono fare gli impianti della SAF spa. Più volte la politica ha fatto appello all’assunzione di responsabilità da parte dei primi cittadini: questa è la maniera per condividere tali responsabilità. E soprattutto possiamo iniziare a cautelarci dalla tempesta finanziaria che si abbatterà sulla TARI di tutti i Comuni – e quindi sulle tasche dei cittadini – per l’aumento tariffario retroattivo della SAF spa e per i maggiori costi, pressoché doppi, del conferimento della frazione organica; ricadute economiche che sembravano scongiurate dopo la rassicurazione che per il 2015 e 2016 l’aumento retroattivo sarebbe stato contenuto, ma che in realtà sono ben maggiori di quanto dichiarato”.

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