Stefano Parisi, competitor di Zingaretti il 4 marzo, è stato l’animatore di quella mozione di sfiducia verso l’attuale governatore respinta alla Pisana. A lui abbiamo chiesto se questa iniziativa non sia stata un po’ temeraria considerando che sotto sotto nessuno voleva far chiudere anticipatamente questa legislatura regionale.
No – ci ha risposto – perché la mozione di sfiducia era un momento di discussione per fare il punto su una legislatura che è nata senza maggioranza. Ma soprattutto perché c’era molta ambiguità. Infatti Zingaretti parte da un accordo palese con i 5stelle e quando questi vanno al governo con Salvini si accorge che potrebbero creargli non pochi problemi. Questa è l’origine di quel maldestro “patto d’aula” con due consiglieri di destra che oltre a Pirozzi, gli garantiscono la maggioranza in Consiglio sulla base non di una condivisione del programma, ma dello scambio di poltrone.
Questo ha creato confusione perché nella sostanza il governatore prosegue l’intesa con i grillini come è avvenuto con i vitalizi, il parco dell’Appia, tutte le norme del collegato che sono passate, il piano dei rifiuti, e nello stesso tempo si libera con il patto d’aula da un vincolo politico esplicito con loro. Così i 5stelle sono stati costretti a votare la sfiducia, che non è passata anche grazie alla ambiguità di una parte di Forza Italia. A questo aggiunga che Zingaretti ha dimostrato disprezzo nei confronti dell’Aula della Pisana.
Affermazione un po’ pesante.
Guardi che il governatore non ha nemmeno ritenuto necessario intervenire in aula su questioni di fondo che sono state poste, salvo convocare alla fine della discussione una conferenza stampa per spiegare come intendeva impostare la manovra di bilancio.
Ora prende il via la discussione sul bilancio e successivamente dovrebbe approdare in aula il famoso piano dei rifiuti. Qual è la sua posizione nel merito di queste due importanti scadenze?
A mio avviso la legge di bilancio è in totale continuità con quelle degli anni precedenti, come se il governatore non si rendesse conto che non ha avuto la maggioranza di voti degli elettori. Questo poteva implicare un accordo con il centro destra non di potere ma di scelte politiche. Lui ha scelto la strada della continuità con il passato, che finirà con l’accondiscendere al solito assalto alla diligenza di questo o quel consigliere come è sempre avvenuto. Noi gli abbiamo proposto di cambiare alcuni approcci ad esempio sulle politiche delle attività produttive. Infatti anche qui proseguono i mille rivoli di finanziamenti particolari senza alcun monitoraggio di come queste misure abbiano funzionato in passato e sappiamo che hanno sempre funzionato ben poco.
Nella mia visione liberale penso che dovremmo smetterla di dare incentivi e puntare sulle infrastrutture (la Roma Latina, la viabilità stradale, banda larga, abbassare le tasse per le imprese) per di più con regole certe e automatismi che evitino la discrezionalità della politica. Questo significa favorire la competizione invece che dare soldi a pioggia per fare marchette a destra e a manca.
Ma pare che questa politica delle elargizioni sia un po’ la caratteristica di tutte le Regioni.
Sono assolutamente d’accordo e penso che il modello dovrebbe essere quello del federalismo municipale nell’autonomia dei comuni, mentre la regione dovrebbe smetterla di fare leggi e diventare soltanto un organo di programmazione.
Parlando del bilancio vorrei anche aggiungere una cosa importante: nella legge era prevista “l’azienda sanitaria zero” come in Veneto e in Emilia Romagna, che si sovrappone fra le Asl e la Regione, svolgendo tutte quelle funzioni di servizio che in una società industriale competono a una Holding (personale, informatica, pulizie, acquisti ecc.). Per questo abbiamo chiesto all’assessore che ci desse un piano industriale dei risparmi ottenibili per evitare un altro baraccone. Questo piano non esiste tanto che hanno deciso di stralciare dalla legge di bilancio questo punto che doveva venir presentato in commissione e di presentarlo come legge ad hoc, togliendo ulteriore spazio alle opposizioni.
Si può pensare che questo articolo sia stato stralciato anche perché la regione non è ancora uscita dal commissariamento sulla sanità che avrebbe dovuto avvenire entro quest’anno?
Dal commissariamento se ne uscirà forse nel giugno del prossimo anno se il governo deciderà di farlo. Il che dimostra che oggi un assessore alla sanità non serve a niente perché l’attività è in capo ancora al commissario e l’assessore svolge i compiti che svolgeva prima come coordinatore, quasi capo di gabinetto, del commissario. Inoltre per uscirne bisognerà rispettare i parametri del deficit e anche dopo, considerato il debito pregresso, il Lazio resterà sotto osservazione.
Veniamo al piano dei rifiuti, ormai con l’incendio dell’impianto Tmb del Salario la bomba è scoppiata.
È stato detto che il famoso piano dei rifiuti giungerà presto in Consiglio dopo l’approvazione in Giunta. L’assessore Valeriani l’ha anticipato nel corso del Consiglio straordinario, evento che ha provocato la mozione di sfiducia. Perché il piano è molto simile alla posizione espressa dalla Raggi con un tweet dopo l’incendio dove era scritto: “Il Tmb Salario non riaprirà più… al suo posto vorremmo realizzare un impianto di riciclo creativo, un luogo dove le persone possono portare oggetti che non usano e che avranno vita nuova. Potrà essere anche un luogo di aggregazione, in Francia li chiamano reperii cafè”.
Scusi, ma dove sta il nesso fra il tweet della Raggi e le posizioni di Valeriani?
Entrambe hanno la stessa filosofia. Lui ha esordito in consiglio dichiarando “the end of waste”, la fine dei rifiuti, un messaggio molto chiaro ai grillini per dire siamo in sintonia. Ha parlato di tecnologie innovative, creative. Tutte chiacchiere perché affidarsi esclusivamente alla raccolta differenziata è fantasioso se non si fa il porta a porta come avviene al nord dismettendo i cassonetti.
Non solo, ma una volta raggiunto anche il 70% di differenziata, fatto il compostaggio, fatto il lavoro di separazione con gli impianti di Tmb, ti resta sempre un 10% di monnezza che devi termovalorizzare o gettare in discarica. Quindi dire no ai termovalorizzatori significa dire sì alla discarica.
Facciamo un esempio. Il Tmb di Salario doveva venir chiuso 10 anni fa perché lì viene conferita una quantità di rifiuti che non riesce a gestire. Quindi ci sono queste vasche piene di rifiuti e file di caminon che attendono di scaricare. Un collo di bottiglia che blocca la raccolta a Roma.
Quindi il tema non è quello di decidere “la fine dei rifiuti” ma di decidere di fare delle scelte rapide ed efficaci lasciando perdere fantasie futuristiche.
Ed è in questa mancanza di decisioni la concordanza con la Raggi e i 5stelle da parte di Zingaretti che ha in mente proprio un accordo strategico e nazionale con i grillini. Il che è legittimo se non fosse che un accordo fra Pd e 5stelle (il partito del non voler fare nulla), la sinistra sinistra che li insegue, porta necessariamente al blocco delle decisioni.
Lei è stato il promotore del movimento “Energie per L’Italia” che non ha avuto successo alle politiche del 4 marzo. Intende portarlo avanti?
Noi ci eravamo posti il compito di rigenerare l’area liberale e popolare nella politica italiana. Siamo stati molto ostacolati da Forza Italia nel corso delle trattative per la campagna elettorale, quindi la nostra è stata una scelta residuale non essendo stati ammessi nella coalizione di centro destra.
Siamo convinti che non si tratta di costruire un ennesimo partitello, ma di contribuire a rilanciare la nostra proposta mentre Forza Italia vive una profonda crisi.
Un rilancio dell’area liberal riformista tanto più che Zingaretti sposterà il Pd a sinistra, che guarda ai 5 stelle e ai delusi del centro destra e del centro sinistra. Senza voler assumere la guida di quest’area, che esiste nel Paese, ma aiutarla a ritrovare e unire le proprie e tante anime.
Quest’area va molto stretta con un Salvini che dilaga.
Noi siamo in antitesi con molte delle posizioni di Salvini ….
Vista così appare u n’area molto più coerente con le posizioni di Calenda e con la futuribile strategie di Renzi…
Intanto Calenda deve decidere cosa vuol fare perché se pensa a un soggetto che va da Pizzarotti alla Bonino rimane nell’ambito del centro sinistra… ma la questione è un’altra.
Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno perché da una parte dell’area liberale c’è chi vuol fare il saliviniano moderato che non serve, perché se si è salviniani si è radicali e non moderati.
Inoltre va tenuto presente che il 4 marzo gli italiani hanno bruciato le loro culture politiche che non possono venir riproposte, ma vanno completamente ripensate.
Il nostro movimento ha dei punti fermi: le radici giudaico/cristiane, la riduzione del debito pubblico e il ridimensionamento della pubblica amministrazione, i temi dell’economia sociale con una gestione pubblico/privata, la forte vocazione europeista che contrasti gli appetiti sovranisti che la schiacciano a livello mondiale. Su queste convinzioni è possibile rimettere insieme una vasta area di consensi, ma servirà soprattutto un linguaggio nuovo e del tempo, anche se oggi i cicli della politica sono molto più rapidi.
Detta così, per quanto riguarda la Regione non vedo molta assonanza fra voi, i Fratelli d’Italia e la Lega in forte crescita.
Se non fosse per certe opportunismi da parte di Forza Italia, mi pare che sui fatti l’opposizione di centro destra stia facendo un buon lavoro sulle grandi questioni.
La nostra iniziativa “piattaforma futura” è nata proprio qui nel Lazio con queste forze politiche.
Iniziativa che stiamo proponendo in tutta Italia a partire da Milano per un coordinamento delle forze politiche del centro destra. Quindi oggi piattaforma Milano, poi piattaforma Roma per costruire una alternativa alla Raggi.
Giuliano Longo