Cumuli di rifiuti che evocano la Napoli del 2008 con la sua devastante emergenza rifiuti. Cassonetti incendiati, albergatori pressati da turisti che si chiedono sgomenti il perché tanta monnezza si accumuli e la città Eterna sia così sporca, periferie sommerse dai cumuli, stampa estera stupefatta, indagini della Procura e, dulcis in fundo, rischi sanitari non tanto ipotetici.
Questo il quadro desolante per la Capitale d’Italia mentre si trascina da anni la polemica fra Regione e Campidoglio sulla allocazione di nuovi impianti di trattamento peraltro già individuati dai tecnici della città Metropolitana, ma bloccati dalla politica che non vuole decidere, non vuole assumersi la responsabilità di farsi contestare da folle di elettori e preferisce promettere un futuro radioso a “rifiuti zero” con impianti che non bruciano più nulla e un paradiso di riutilizzo della monnezza come risorsa economica.
Il che è buono e giusto, se non fosse che a Roma la differenziata non decolla perché dovrebbe venir fatta porta a porta e non con i cassonetti e laddove si è sperimentata non funziona.
Certo l’incendio, forse doloso, del Tmb della Salaria (contestassimo da anni) è stato davvero una mazzata non solo ambientale, ma anche sulle fragili strutture capitoline della raccolta e del trattamento per una città che già esporta, a spese nostre, tonnellate di rifiuti che verranno bruciati per produrre energia al Nord e all’estero.
Lì al Salario, si trattavano 750 tonnellate giorno, ma quello era anche un centro di smistamento per portare i rifiuti in altre provincie. Ora, la constatazione olezzante sotto il nostro naso, è che il piano di emergenza è fallito.
Eppure, per affrontare il periodo delle feste si prevedeva che quella montagna di rifiuti venisse quotidianamente trasferita all’altro impianto Ama di Rocca Cencia e veniva indicato ancha Ponte Malmone come punto (temporaneo?) di trasferenza.
Apriti cielo, grillini e comitati nella lotta uniti in quell’area non distante da Malagrotta dove i 5stelle hanno ‘monetizzato’ un boom di voti, levano alta la protesta, anzi il NO, che è una delle caratteristiche salienti delle politiche del MoVimento.
Inoltre era previsto di smistare i rifiuti anche ai due impianti di Cerroni a Malagrotta oltre a un terzo a Viterbo sempre delle stesso gruppo. Della partita anche la Rida di Aprilia e la Saf di Frosinone.
Ama assicura che a Natale erano operativi 2000 dipendenti per la raccolta, anzi promette che a Capodanno la situazione verrà risolta, e chi ci crede ormai.
E allora dove sta il problema?
A nostro avviso sta nel fatto che si è predisposto un piano di emergenza innestato in una situazione già gravissima e in emergenza vera ormai da anni.
Il Governo e la Raggi, per non parlare dell’assessora Montanari, abilissima a disegnare scenari futuri, questa emergenza, ormai cronica, la negano per motivi politici, tanto più che il Campidoglio oggi gode del favore di un governo amico disposto addirittura a mandare gli uomini del genio militare per tappare le buche stradali, che è pure una misura di emergenza, eccome!
La situazione meriterebbe quindi un commissario ad hoc con poteri speciali per superare le strozzature burocratiche e verificare il rispetto del contratto di servizio da parte di Ama. Ma il commissariamento sarebbe una palese sconfitta politica di mid term per l’amministrazione Raggi e il suo MoVimento, che ormai vede la situazione della Capitale come un spina nel fianco del suo consenso elettorale.
Salvini dopo aver sbrasato sulla necessità di altri termovalorizzatori nel Lazio, si è ritirato in buon ordine con le sue ruspe (più adatte ai Casamonica, zingari e migranti anziché alla rimozione dei rifiuti) per non turbare i suoi sofferti equilibri con Di Maio.
E i romani? Brontolano, soffrono, ma non protestano in massa affidandosi ai media o nella migliore delle ipotesi, a comitati che rappresentano al massimo qualche centinaio di residenti.
Eppure ce ne sarebbe abbastanza per scendere in piazza con i gilet giallo/rossi e farsi davvero sentire.
Giuliano Longo