“Il truce”, nostro Ministro dell’Interno che esibisce eleganti giubbotti che non abbiamo mai visto indossare per strada da agenti della Polizia di Stato a 1300 euro al mese, ormai è fuori di sè dalla gioia dopo le elezioni in Basilicata.
Nel suo giustificato delirio di onnipotenza afferma che il prossimo obiettivo della sua offensiva saranno le cosiddette regioni rosse (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e il sabaudo Piemonte) per spezzare un sistema di potere superato e, finalmente, ribaltare l’Europa in chiave sovranista. Magari alleandosi con i quattro gatti (a livello del Consiglio Europeo), quei campioni di democrazia ungheresi e polacchi che sino ad oggi devono ringraziare iddio per tutti i soldi, anche nostri, che la Ue ha versato nelle loro casse dopo essersi affrancati dal tallone sovietico.
Libero e senza freni il Salvini da Baggio (periferia di Milano) dimentica che i suoi risultati alle regionali li deve anche al decadente Cavaliere Silvio Berlusconi e alla non più giovane (tranne che su photoshop) Giorgia Meloni pronta a saltare sul suo carro di governo ad un fischio del truce.
Solo che il truce ha ancora intenzione di vampirizzare il sangue elettorale ai poveri grillini, ormai guidati da una vecchia copia di notabilato democristiano di potere al cui vertice è quel simpatico (e imbarazzante) Luigi Di Maio.
Orbene, la prossima spallata sarà alle regioni rosse e a quel Piemonte dove non si è ancora capito se la Tav Salvini la vuol fare o meno, ma la cui sorte pare legata alle prossime Europee dove il truce (un po’ megalomane) ribalterà addirittura l’Europa e magari anche il ministro Toninelli.
Ammesso che il Salvinismo (da non confondere con il Sandinismo, che ispira l’itinerante pentastellato Di Battista) sfondi davvero dappertutto, l’unica ridotta del Piave resterebbe il Lazio con il neo segretario del Pd e governatore Zingaretti che ha ha ancora 4 anni davanti.
Qui la faccenda è un po’ complicata intanto perché la Lega si avvale di un personale politico locale reduce dai fasti di Alleanza Nazionale e Forza Italia. Non solo, ma i due “responsabili” che hanno spontaneamente offerto la loro nobile disponibilità a reggere la maggioranza alla Pisana, sono Cavallari che ha abbandonato i Fratelli D’Italia e Cangemi, già assessore con la Polverini, che è ancora uomo di Forza Italia legato al dominus Tajani.
Sin qui nulla di male, ma se qualcuno dei due “responsabili” che graniscono la maggioranza in aula, tentasse il colpo di forza per mettere Nicola in minoranza, siamo certi che si affaccerebbero altri fiancheggiatori pur di non far finire una legislatura che garantisce a tutti i consiglieri, oltre a prebende prestigiose, quasi 8.000 euro al mese.
Fra questi ovviamente gli strillanti (oggi un po’ meno) grillini che, sempre alla Pisana, non perdono occasione per imporre i loro obiettivi, spesso più frutto di interessi clientelari o propagandistici, che non di nobili intenti a favore del popolo.
Ve la immaginate la prossima mozione di sfiducia a Zingaretti alla Pisana dopo le vicende giudiziarie romane? Vi immaginate la capo gruppo on. Roberta Lombardi, orfana di quel solido rapporto con il presidente dell’ aula Giulio Cesare Marcello De Vito che lei avrebbe voluto al posto della Raggi, proporre la sfiducia a Zingaretti con una sindaca che in questo momento “pencola, urta, sbalza e risale” come l’aquilone del dimenticato Pascoli?
Ve lo vedete Zingaretti che si dimette da governatore per affidare le sorti del Lazio “al volgo disperso che nome non ha” (Da l’Adelchi di Manzoni) della destra in un clima già imperante di markette consiliari, con una Regione ormai completamente in mano a quella Destra che ha già dato grandi prove di buon governo con Alemanno e la Polverini?
Allora, almeno per il Lazio, la logica della politica vuole che il truce dia una occhiata a casa sua, e veda se converrà sfidare Zingaretti. Per ora i numeri per sfiduciarlo non ci sono, ma c’è sempre qualche anima pia disposta a farlo per alzare il prezzo e portare casa un po’ di “robba”.
Il Lazio sarà (forse) la linea del Piave, ma dopo molti mesi ci fu anche Vittorio Veneto quando il bollettino del generale Diaz scriveva: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Ecco magari non sarà proprio così, ma l’elettorato è “liquido” come dimostra la vicenda dei presupponenti 5stelle che stanno quasi piombando alla stalle. Amen.
Giuliano Longo