L’Espresso ha in serbo per questa domenica una vera e propria bomba, che ancora prima di esplodere rischia di rompere le vetrine della già malferma facciata del Campidoglio bersagliata, proprio in queste ore, dal mitragliamento del Ministro degli Interni Salvini che, a dirette alterne, tuona contro la Raggi, in particolare per la gestione dei rifiuti a Roma (“non ci vuole mica uno scienziato”, ha detto Salvini in queste ore). Forse non ci vuole uno scienziato per raccogliere l’immondizia, ma per mettere insieme i pezzi di una vicenda che si nasconde dietro questo tiro preparatorio di artiglieria da più versanti bisogna stare un po’ più attenti.
Bagnacani accusa, “vogliono svuotare Ama”
Questa domenica L’Espresso ha annunciato una inchiesta con tanto di audio registrati di conversazioni tra la sindaca Raggi e l’allora direttore di Ama (l’azienda romana dei rifiuti) Lorenzo Bagnacani, liquidato senza troppi complimenti negli scorsi mesi. Dietro quel licenziamento c’erano, secondo la Raggi, un insieme di “valide motivazioni”. Motivazioni che invece non sono sembrate valide allo stesso Bagnacani, che già in passato (alcuni se lo ricorderanno), aveva ipotizzato (arrivando anche ad un esposto) cosa in realtà poteva esserci dietro il suo licenziamento. Lo aveva fatto in una audizione di una commissione regionale in cui era stato audito per oltre tre ore sulla gestione di Ama e aveva detto:
“Se il 2017 si chiude in perdita e così fosse anche per il 2018, l’azionista di Ama (ovvero il Comune di Roma) può far rilevare una inefficienza dell’azienda e in base ad una delibera del 2015 (fatta sotto la giunta Marino) che apre le porte agli investimenti privati in caso di inefficienza del pubblico per un certo numero di anni, ecco che la natura pubblica di Ama potrà essere messa in discussione”.
E poi ancora:
“Nessuno ha mai dichiarato pubblicamente di voler privatizzare Ama ma se osserviamo la dinamica dei fatti vediamo che ci sono delle difficoltà che potrebbero essere state create a tavolino lungo il nostro percorso di risanamento, ecco che la natura pubblica di Ama può essere messa in discussione”.
Ed ecco che a molte settimane di distanza da quelle dichiarazioni salta fuori che proprio Bagnacani aveva inviato un altro esposto con tanto di audio nella quale la Sindaca di Roma cercava con le “buone o le cattive maniere” di far togliere alcune poste in bilancio “per far chiudere il bilancio di Ama in rosso”.
La fusione tra Ama e Acea? Un antico sogno del padre del Pd, Veltroni
Ma perché la sindaca dovrebbe volere che una sua società possa andare in default. Stranamente è sempre il quotidiano “La Repubblica” che, proprio lo stesso giorno dell’anteprima dello scoop dell’Espresso in edicola domenica, ci fornisce dati per una possibile ipotesi. Infatti nelle colonne del quotidiano si legge “Acea da record punta ai rifiuti. Nel trattamento un nuovo business”. E non va per il sottile il quotidiano nella sua foliazione romana e rievoca la vicenda della fusione tra Acea e Ama fin dai suoi albori, “ai tempi di Veltroni”. In quel caso a mettersi di traverso sarebbe stato uno dei soci più potenti di Acea, Gaetano Caltagirone e, in seguito, sarebbero stati contrari, sempre secondo Repubblica, anche i soci di Suez (colosso mondiale francese proprio nel settore rifiuti di cui lo stesso Caltagirone possiede un rilevante pacchetto azionario privato). A frenare gli appetiti privati nei confronti di Ama ci sarebbero i soliti ottomila dipendenti, le vicende di clientelismo e, al giorno d’oggi, anche gli impianti che, nel frattempo, vanno spesso misteriosamente a fuoco. Ma ora la storia, per qualche motivo sarebbe diversa. Repubblica punta i riflettori sugli utili di Acea, numeri muscolari che parlando di 2milioni di tonnellate di capacità di trattamento annuo entro il 2022, utili netti fantasmagorici e grande possibilità di investire.
I numeri “musolcari” di Acea nel centro Italia. Già trattano 800mila tonnellate
E basta dare una occhiata alla dotazione impiantistica nel centro Italia (per lo più nel Lazio) della società per capire che fanno sul serio. Infatti al momento, tra Lazio, Umbria e Toscana Acea ha una capacità di gestione di 800mila tonnellate di rifiuti. San Vittore, il termovalorizzatore Acea, vale da solo la metà di questo conto con 400mila tonnellate annue trattabili. C’è poi un altro termovalorizzatore a Terni, in Umbia da 120, ma ancora nel Lazio abbiamo il compostaggio della Kyklos (sempre al centro di controversie ad Aprilia, in provincia di Latina) che ha volumi per 120mila tonnellate. Non manca una discarica ad Orvieto, un impianto per il trattamento di liquidi a Sabaudia da 30mila tonnellate e altro ancora. Insomma, Acea nel mercato dei rifiuti laziali c’è già e come. L’idea comincia forse a piacere a certi ambienti oppure è solo un modo, quello di Repubblica di “segnalare” la realisticità dello scenario di una fusione tra Ama e Acea? Difficile a dirsi. Quel che sembra certo è che per aprire al privato Ama avrebbe bisogno di istituire dei bandi pubblici, ma potrebbe bastare dare un punteggio in più a chi, tra i grandi operatori del settore, ha già impianti e capacità produttiva sul territorio. Indovinate chi ha già inceneritori e impianti di trattamento nel Lazio? Sì, proprio Acea. Che dal canto suo nega categoricamente. Lo ha fatto qualche settimana fa in una intervista rilasciata al Sole240re il ceo di Acea Stefano Donnarumma che assicurava: “Acea sarà leader delle rinnovabili. Non c’è alcun progetto di integrazione con Ama”. Anche se, aggiungeva: “Rimane saldo il nostro interesse sul territorio laziale come gli altri in cui operiamo per la realizzazione di impianti per la chiusura del ciclo rifiuti, anche a supporto della Capitale. Con questo obbiettivo puntiamo a superare le 2milioni di tonnellate entro il 2020. E lo faremo anche con M&A nel trattamento e riciclo della plastica”. Insomma, solo impianti per la trasformazione di materia e rinnovabili. Non è lo stesso mercato di Ama, si dirà. Se non fosse che proprio Ama ha lanciato una campagna di 13 nuovi impianti nuovi di zecca nel territorio romano dedicate proprio a questa sezione. Ma se i conti saranno ancora in rosso servirà un aiuto privato. E allora come chiudere gli occhi di fronte all’eterogenesi dei fini dei rifiuti laziali? Se poi questo porterà all’invio della bolletta firmata Acea direttamente in casa dei romani e se questo sarà un bene si vedrà.