Sembrava ormai rassegnato al suo ruolo di eurodeputato a Strasbugo, invece proprio sotto elezioni riappare Goffredo Bettini lo storico esponente del Pd e di quel modello Roma che ha fatto famoso oltre che lui Veltroni. L’occasione è data dalla presentazione del suo nuovo libro, “La difficile stagione della sinistra”, scritto con Carmine Fotia, presentato al Tempio di Adriano. Un libro che ha ricevuto le anticipazioni dei grandi giornali che noi non abbiamo ancora avuto il piacere di leggere nonostante la richiesta di anticipazioni. Ma tant’è ubi maior minor cessat.
Di questo libro Bettini ha parlato anche a Radio Cusano Campus entrando per la prima volta, dopo mesi, nel merito nell’attualità politica romana dalla quale aveva evitato di parlare. C’è da dire che Goffredo era stato criticato da alcuni ambienti del Pd romano (oggi commissariato da Matteo Orfini) per aver in qualche modo favorito l’elezione di Ignazio Marino a sindaco dopo averlo imposto alle primarie. Ora però alla radio Bettini distingue i due problemi del passato e dice «una cosa è stata l’amministrazione Marino, un’altra cosa è stata la degenerazione correntizia di una parte fondamentale del Pd che poi ha anche determinato un intreccio con certe forme di illegalità».
Anche perché Ignazio «è una persona perbene, di grande valore». Non solo, ma vinse le elezioni con grande consenso perchè «rappresentava una discontinuità rispetto ad un certo andazzo del Pd negli anni precedenti. Alla prova del governo Marino non ce l’ha fatta, anche perché ci sono state tante difficoltà oggettive».
Insomma non è colpa di Ignazio ma di quel Pd che il rapporto Barca avrebbe etichettato come “pericoloso e cattivo”. Quindi onore al commissario del Pd Orfini «che ha difeso Marino fino allo stremo» costringendo poi i consiglieri del suo partito a sfiduciarlo dal notaio. Purtroppo «a un certo punto però si sono accavallate tante cose, come la vicenda del Papa, la vicenda del funerale dei Casamonica, la vicenda degli scontrini, che hanno definitivamente rotto un rapporto di fiducia».
Per quanto riguarda Renzi cui Bettini non fece mai mancare il suo generoso sostegno sin dagli esordi «non è un uomo che viene dalla tradizione della sinistra italiana. È un democratico che viene dalla tradizione del cattolicesimo democratico. È tipicamente l’espressione di quel tentativo che con il Pd abbiamo fatto qualche anno fa di mettere insieme la tradizione della sinistra italiana con cose diverse, in particolare quel mondo cattolico».
Poi rinnova l’antica polemica con D’Alema che «non se la deve prendere con Renzi, ma con se stesso, perché quella tradizione (Pds, Ds) non ha espresso minimamente una capacità di rinnovamento». Ma niente paura, rassicura Bettini che non teme scissioni nel Pd. Infine ricorda che nel suo libro si è rivolto «con molto affetto a Roberto Giachetti» che «ha delle qualità particolari che gli permettono di sperare di vincere, anche in questa situazione così difficile».
Evidentemente c’è qualcuno che il suo libro l’ha già letto e pure con attenzione. Parliamo di Guglielmo Epifani segretario nazionale del Pd dal maggio 2013 al dicembre successivo. Epifani, infatti, su Repubblica commenta «la memoria ha giocato un brutto scherzo a Goffredo Bettini. Infatti Goffredo scrive che «l’allora segretario nazionale del Pd, Guglielmo Epifani chiamò il professore (Marino) e gli propose di affrontare la prova di Roma, in quanto, secondo la sua opinione, era la personalità più adatta».
Ma non è così, spiega Epifani «basta guardare le date per rendersi conto che tutto ciò non è potuto accadere: Marino vinse le primarie per la scelta del candidato sindaco il giorno 7 aprile 2013. Io fui eletto segretario del Pd solo il mese successivo, esattamente nel corso dell’assemblea nazionale che si svolse alla Fiera di Roma l’11 maggio. Le elezioni amministrative si svolsero il 26 e 27 maggio (con ballottaggio 9 e 10 giugno)».
E conclude sferzante «capisco che, viste come sono andate le cose, Bettini abbia il desiderio di condividere la responsabilità della proposta sul candidato sindaco di Roma, e forse per questo la memoria possa avergli giocato un brutto scherzo. Solo che non può proprio usare il mio nome per questo scopo».
Giuliano Longo