Mafia Capitale, Carminati in aula: «Non ho mai pagato Gramazio»

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Continua nell’aula bunker di Rebibbia la deposizione di Carminati nell’ambito del processo per Mafia Capitale, ma ormai è chiara la strategia difensiva (perché di intelligente strategia si tratta) dell’ex terrorista di estrema destra che non rinnega il suo passato criminale, ma vuole sottrarsi a tutti costi da una condanna per quel 41 bis (mafia) che gli costerebbe diversi anni di carcere.

 

Non è un caso che sul finire della udienza di ieri non abbia negato di conoscere oltre a  Luciano Casamonica della nota famiglia malavitosa, quel Michele Senese che secondo l’articolo sull’Espresso di Lirio Abbate  sarebbe l’unico al livello di Carminati fra i re di Roma della Criminalità organizzata.

Quel Senese camorrista  detto ‘o pazzo’ che il 23 gennaio 2013  dopo la sua scarcerazione viene così citato in una intercettazione fra Carminati  con Riccardo Brugia: «So’ contento che è uscito Michelino.» Passano pochi mesi e due si incontrano alle 12 del 30 aprile di quell’anno in un bar dopo numerosi e cauti contatti  preliminari di vari emissari. Un incontro giustificato dall’antica frequentazione nelle patrie galere senza però che due abbiano mai fatto affari insieme, dice Carminati «sono stato 13-14 anni in carcere – dice l’imputato- ,ho conosciuto tantissimi pregiudicati. Il problema non è la conoscenza ma le attività fatte insieme. Io non ho mai avuto attività insieme a Michele Senese. »

Ma veniamo all’udienza di oggi quando l’ex terrorista nero, fiero di essere rimasto un fascista, la butta sull’amarcord  e afferma «negli anni della mia gioventù hanno ammazzato un sacco di amici miei, c’era una guerra e io stavo in guerra con il mondo, fino a quando mi hanno sparato.»

Un modo per far giganteggiare il mito che la destra estrema ( e non solo) ha costruito su di lui, sul Cavaliere nero, che peraltro ha sempre tenuto lontano dai suoi affari la droga. Per lui   «la guerra (giudiziaria ndr)  non è ancora finita, come vede io sto al 41 bis-afferma orgogliosamenete-.  La faccio da solo la guerra. E’ meglio uno contro tutti che tutti contro uno. Mi si litigano per ammazzarmi. Sarà sempre così, ho 60 anni ma finché dura dura.»

Pur stando alle regole del gioco pericoloso di  ‘guardie e ladri’ Carminati vuole che anche gli ‘sbirri’ rispettino le regole. «Mi è stata fatta una porcheria – protesta-    hanno omesso le prove. Io sono un bandito e posso fare qualunque cosa,  commettere qualunque reato, giusto o sbagliato che sia, perché sto da questa parte della sbarra, ma chi sta dall’altra parte non lo può fare» perché «i carabinieri hanno fatto una porcheria, io non ho mai minacciato Seccaroni.

 

Lui mi ha preso in giro e ho smesso di parlarci. E poi me lo trovo qui a dirmi che ho minacciato di bruciargli il negozio? Ma non scherziamo. Voglio essere trattato come tutti gli altri imputati.» L querelle nasce dalla testimonianza in aula Luigi Seccaroni, titolare di un autosalone sulla via Cassia frequentato da Carminati e il da Brugia (in carere), che   in aula negò “ambiguamente” di aver subito pressioni e minacce dai due. Anche se dalle indagini risulta che nel 2013 era entrato in contrasto con loro per l’acquisto di un  terreno per farne un distributore di carburante. La sua testimonianza in aula fu piena di “non ricordo” tanto che il pm LucaTescaroli, a fine udienza chiese  al tribunale che venisse aperto un procedimento nei suoi confronti per falsa testimonianza. Una posizione assimilabile a quella  del costruttore Guarnera che alla rete di Carminati aveva chiesto ‘protezione’ per tutelare i suoi interessi imprenditoriali. Non a caso  Carminati oggi afferma in aula che «questa storia di Seccaroni, fa la doppietta con quell’altro, Guarnera. Presidente»

Per quanto riguarda la famosa formula, che titolò l’indagine, del “Mondo di Mezzo”,  intermediario fra la criminalità, quello “basso” e quello “alto” della politica e della imprenditoria, per Carminati erano solo  «chiacchiere da bar, battute e sciocchezze, nessuna filosofia. Quella del mondo di mezzo è un’invenzione di chi ha indagato.» Si entra così nel merito dei suoi affari con Buzzi e si affronta la  gara Cup (un appalto da 60 milioni di euro bandito dalla Regione e poi congelato dopo i primi arresti di ‘Mafia Capitale’, ndr), roba che a Carminati non interessava.  Certo, faceva il tifo per  Buzzi e avrebbe voluto che le sue cooperative vincessero tutte le gare, «ma non c’era alcun motivo per cui io mi interessassi della cosa.» Lui si limitava ad ascoltare Buzzi e Fabrizio Testa (attualmente detenuto, ndr)  quando «raccontavano di quella gara, ma non avevo possibilità, capacità nè titolo per dire la mia in questa vicenda.»

A questo punto Carmianti parla di Luca Gramazio, l’ex capogruppo del Pdl in Regione detenuto da ormai quasi due anni. «Lo conosco – afferma –  ma lo avrò visto pochissime volte. Suo padre Domenico era molto amico dei miei genitori, è stato vicino alla mia famiglia in un momento difficile, ma non posso dire di essere amico di Luca, anche solo per motivi anagrafici. Con lui – ha ricordato Carminati – ho avuto rapporti solo per quanto riguarda il campo nomadi. Ci stavano rubando dei soldi (con riferimento alla giunta Alemanno, ndr) e gli chiesi aiuto, ma mai ci sono state sue richieste di soldi, nè mai io gliene ho dati.»

Ma poco dopo spuntano le intenzioni bellicose di Carminati nei confronti della stampa, sotto i cui riflettori ha avuto pure modo di divulgare la sua difesa.  «Quando finirà questo processo mi dedicherò a tutti quei giornalisti che hanno detto e scritto delle inesattezze. Ci saranno centinaia di udienze al tribunale civile di Roma. Gli faro’ spendere tanti di quei soldi in avvocati che dovranno mettersi in ginocchio -aggiunge- Magari perdo, ma gli avvocati dovranno pagarli ( dimenticando che se dovesse perdere lui dopo pagherebbe le spese legali in sede civile visto che non querela la stampa per diffamazione ma per danni ndr)» Perché, aggiunge «io sono coraggioso, loro no. Non parlano mai dei loro padroni. Io rispetto ‘Report’ e ‘Il Fatto’, perché loro massacrano Carminati, ma poi massacrano tutti.» L’udienza prosegue e continueremo a riferirne.
(segue)

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