Coldiretti denuncia: «Da tutto il mondo prodotti inquinati sulle nostre tavole»

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 Quotidianosanita.it riporta la classifica dei prodotti alimentari più pericolosi stilata da Coldiretti e presentata al forum di Cernobbio. Fra i produttori più pericolosi primeggia  la Turchia che esporta peperoni, fichi secchi, nocciole, pistacchi che contengono pesticidi e aflatossine (micotossin. Prodotte da specie fungine oppure da altre muffe. Sono altamente tossiche e sono ritenute essere tra le sostanze più cancerogene esistenti.

Seguono  pesce spada e tonno dalla Spagna inquinato da metalli pesanti, integratori e cibi dietetici con ingredienti non autorizzati dagli Stati uniti, arachidi dalla Cina contaminate da aflatossine cancerogene.  Mentre Coldiretti segnala anche  le carni di pollo provenienti dalla Polonia, che sono state oggetto di allarme per contaminazioni microbiologiche oltre i limiti di legge, in particolare di salmonella.

 Il dossier Coldiretti su “La classifica dei cibi più pericolosi” è stato presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio sulla base delle rilevazioni dell’ultimo rapporto Sistema di allerta rapido europeo (RASFF), che registra gli allarmi per rischi alimentari verificati a causa di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti nell’Unione Europea nel 2016.

«Sono 2.925 – sottolinea la Coldiretti – gli allarmi scattati nell’Unione Europea con la Turchia che è il paese che ha ricevuto il maggior numero di notifiche per prodotti non conformi (276), seguita dalla Cina (256) e dall’India (194), dagli Stati Uniti (176) e dalla Spagna (171).»

L’agricoltura italiana invece  è per Coldiretti la più green d’Europa con 292 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli Ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,5%), quota inferiore di 3,2 volte alla media UE (1,7%) e ben 12 volte a quella dei Paesi terzi (5,6%).

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