Atac, lo sterminato potere dei sindacati

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Atac, Roma, comune, tram, bus, metropolitana, rettighieri, Marino

Quando martedì scorso ci siamo recati presso la sede nazionale del PD, il famoso “Nazareno” del patto tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi per assistere alla sessione del “Forum Traporti & Mobilità”, la risposta degli uscieri è stata: “L’evento è rinviato a data da destinarsi a causa dello sciopero del trasporto pubblico”.   Uno sciopero annunciato da giorni ha portato all’annullamento di fatto del dibattito in cui dovevano essere discusse le problematiche del TPL, con partecipanti di alto livello: il presidente del PD Matteo Orfini, Michele Meta, presidente della Commissione Trasporti della Camera, Stefano Esposito, sentore ed ex assessore ai Trasporti di Ignazio Marino, Michele Civita, assessore ai Trasporti della Regione Lazio e i due capigruppo PD di Regione e Comune, Massimiliano Valeriani e Michela di Biase. Tutto saltato, a causa della città messa in ginocchio da uno sciopero delle sigle sindacali minori (le stesse che in molti casi hanno più o meno esplicitamente sostenuto la candidatura di Virginia Raggi), che protestavano contro un accordo raggiunto a luglio 2105 tra Atac e e tre sindacati confederati, CGIL, CISL e UIL. A peggiorare le cose, la brillante pensata dell’amministrazione capitolina di non aprire le ZTL durante lo sciopero.

Ma è davvero così forte il potere delle sigle sindacali all’interno di ATAC? Chi scrive ha il ricordo, raccontato da fonti interne, di un episodio risalente a una decina di anni fa, quando le metropolitane e le ferrovie ex concesse, venivano gestite da Met.Ro. Agli uffici giunse la segnalazione -corredata di un video- da parte di un passeggero della Roma-Lido su un treno fermato in piena campagna dai macchinisti per raccogliere fichi da un albero. Pur essendoci la prova video, ogni tentativo di sanzione finì nel nulla, forse per evitare il rischio di uno sciopero selvaggio. Conferme di questo modus operandi si trovano nel libro “Trasportopli di Pietro Spirito, che dedica un intero capitolo al potere dei sindacati in Atac. Illuminante del clima aziendale è la reazione, raccontata nel libro, di una giovane impiegata laureata in matematica ed esperta in programmazione, quando, nell’ottobre 2013, il neo Direttore d’Esercizio della superficie, Giuseppe Cassino, le assegnò la responsabilità della compilazione dei turni degli autisti. Ascoltata la notizia la giovane rispose stupita: «Ma, ingegnere, io non sono iscritta a nessun sindacato… Deve essersi sbagliato…» Sempre in “Trasportopoli”  viene raccontato un episodio, relativo a un autista della rimessa di Acilia che, in malattia, si era tranquillamente recato alla rimessa per usufruire del servizio di barbiere. Al termine del tagli di capelli, in canottiera a e sandali, salutò i colleghi con: «Aho! Me ne torno ar mare. Del resto sto ‘n malattia e me devo cura’». Quando l’autore del libro, all’epoca Direttore Centrale Operazioni chiese al “malato” le generalità per procedere alla contestazione disciplinare, la risposta fu disarmante: «Faccia pure, tanto finirà nel nulla». E così è stato, come per i macchinisti golosi di fichi. Questo anche grazie al fatto che nel trasporto pubblico, i procedimenti disciplinari sono gestiti da una commissione composta da rappresentanti dell’azienda e dei sindacati: basta non nominare per anni i rappresentanti dei sindacati in commissione e tutto si ferma. Proprio come, racconta Spirito, è successo in Atac.
François de Quengo
de Tonquédec

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