Un centro destra a ranghi sparsi giova a Zingaretti. Intervista a Stefano Parisi

0
386
Stefano Parisi

Stefano Parisi non si considera un perdente ma un ‘non vincitore’ come è successo con Sala a Milano e il 4 marzo con Zingaretti nel Lazio, quando in entrambi i casi ha quasi sfiorato il successo, ma sicuramente l’esperienza delle elezioni regionali è stata per lui la scommessa più difficile.

Dott. Parisi che lezione ha tratto da questa esperienza elettorale?

Per prima cosa la soddisfazione di aver montato e condotto una campagna elettorale praticamente in 20 giorni, ma c’è soprattutto l’esperienza dal punto di vista umano che ci ha fatto incontrare migliaia di cittadini che si son anche avvicinati o riavvicinati alla politica. Tutta gente che ha compreso la serietà della nostra proposta non fondata sulle promesse ma sull’aver detto sempre la verità proponendo anche soluzioni complesse non fondate su slogan di propaganda. Infine un clima eccellente di lavoro con il team della campagna elettorale e i nostri candidati, che ha creato in pochi giorni una vera e propria comunità. Senza contare gli eccellenti rapporti con consiglieri eletti nella mia coalizione.

Che differenze ha trovato rispetto alla campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Milano?

A Milano è stata una campagna elettorale più strutturata, con quattro mesi di tempo in una realtà più piccola di 900mila votanti, mentre qui nel Lazio ce n’erano quasi 4 milioni, ma indipendentemente dalle platee per me le campagne elettorali son sempre un bella esperienza.

Eppure guardando al dopo elezioni e all’ultima assemblea alla Pisana per l’elezione del presidente e dei vice d’aula, non si ricava l’impressione di una coalizione di centro destra compatta.

Ha ragione, abbiamo cominciato molto male. Le premetto che conosco poco questi partiti della coalizione nel Lazio, per questo appena chiusa la campagna li ho invitati ad incontrarci per concordare un percorso condiviso prima della formazione della giunta Zingaretti e prima che si arrivasse in aula. Questa mia proposta non è piaciuta ad alcuni partiti, ed in particolare a Forza Italia, e ciascuno se n’è andato per proprio conto sia nell’incontro con Zingaretti sia con il presidente dell’assemblea Leodori per definire le nomine alla Pisana.

Capisco l’autonomia dei partiti e non pretendevo di ergermi a coordinatore, ma se ci fosse stato un minimo di condivisone, almeno sui criteri, in aula non sarebbe successo di chiedere, come è avvenuto, i voti del Pd per l’elezione del vice presidente. Così come il Pd ha chiesto i voti del centro destra per l’elezione di Leodori.

Ma i voti necessari alla elezione di Leodori sono venuti anche dai 5stelle.

Probabile, ma anche loro si sono spaccati. Il problema comunque è un’altro: al momento Zingaretti non ha la maggioranza e un centro destra unito potrebbe metterlo sotto pressione per fare le cose giuste, se la coalizione va a ranghi sparsi il governatore si rafforza, che non è un problema di potere ma di politiche, di quel cambiamento di registro che abbiamo chiesto in campagna elettorale.

Mi pare di capire che rispetto ai proclami iniziali di voti di sfiducia a Zingaretti il clima sia cambiato e lui possa governare in tranquillità per un po’ di tempo.

Zingaretti stesso non ha un orizzonte temporale di 5 anni per il governo della Regione. Cosa peraltro resa nota con la sua intervista del 7 marzo a Repubblica quando dichiarò di voler partecipare alle primarie del Pd. Ma proprio per questo il tema vero sono le cose che debbono essere fatte se vogliamo restare in sintonia con il nostro elettorato senza dimenticare che nel Lazio il centro destra ha battuto i 5stelle. Probabilmente, se avessimo avuto più tempo, e senza vari ostacoli avremmo stravinto. La domanda di cambiamento era forte. Dovremo fare politica in sintonia con il nostro elettorato sui temi della sanità, dei rifiuti, delle infrastrutture, del lavoro, della sicurezza, della immigrazione per mettere sotto pressione Zingaretti. Così o lui cambia di passo, anche se non sarà facile visti i problemi della sua coalizione, oppure si dovrà dimettere. Perché se lui aspira ad un ruolo di governo nel Pd non può inciampare proprio sulla regione che amministra.

Su quali temi incalzerete il governatore?

In primo luogo la sanità per la quale occorre cambiare completamente la logica dell’attuale gestione. Non è positivo che Zingaretti abbia confermato  le persone che sino ad oggi l’hanno governata. Nell’agenda che ci ha presentato lui parla di riduzione dei tempi per le liste d’attesa affrontando il problema delle prestazioni sulla base di diversi livelli d’urgenza. Non è così che si risolve il problema affrontandolo sul versante della domanda, ma guardando alla efficenza delle strutture.

E ancora sui rifiuti, lui afferma che il nodo sta nelle non scelte della Raggi che non mette a disposizione i siti o discariche di servizio per smaltire i rifiuti. Così si finisce per ricadere nel giochino dello scarica barile mentre lui potrebbe commissariare la Raggi proprio sui rifiuti. Magari le toglierebbe pure le castagne dal fuoco, ma allora parliamo di politiche o di rapporti fra i partiti? Se fossi stato eletto io l’avrei commissariato ed entro 6 mesi avrei finalmente chiuso il ciclo dei rifiuti.

Veniamo al Lavoro. Come fa il nuovo assessore al lavoro a non avere la delega alla formazione? Come si possono fare politiche del lavoro con questa delega spacchettata? Guardi che parliamo di conquiste ‘culturali’ che abbiamo fatto negli anni ’80 quando si è capito che la formazione deve essere finalizzata al lavoro e non può essere una cosa a se stante.

E poi le infrastrutture. Perché non è detto chiaramente nel documento di programma di Zingaretti che la Roma/Latina si farà? (questione peraltro ancora al vaglio del Consiglio di Stato, ndr). Lui afferma che si dà per scontato e allora lo scriva nel suo programma.

Queste e altre sono le questioni fra le quali  la sicurezza che ha bisogno delle nuove tecnologie da realizzare con soldi che la Regione ha. 

In ogni caso si dice che nel suo programma che Zingaretti esporrà alla Pisana l’11 prossimo, si terrà conto delle obiezioni avanzate dalle opposizioni.

Lo ha affermato ma credo che le sua strategia sia un’altra: scaricare sul Consiglio i problemi proponendo un’agenda di cui si dovrà occupare la Pisana, mentre nel frattempo lui governa. Tenga presente che l’attività del Consiglio riguarda il 10% della attività della regione, perché il vero governo è nella giunta. 

Sì, ma ci sono nodi fondamentali quali il bilancio sui quali è la Pisana a decidere.

Certo, questo del bilancio è lo snodo decisivo, ma sino ad oggi Zingaretti ha campato senza un piano del territorio, senza una legge urbanistica, senza una legge sul commercio. Ma tornando al bilancio, occorre capire se il centro destra vorrà fare politica o preferirà fare piccolo cabotaggio per prendere quattro soldi qua e là e farlo approvare.

Quali sono invece le sue obiezioni sulla formazione della nuova giunta?

Anche la formazione della Giunta fa capire che Zingaretti non durerà o non vuol durare. Se avesse mirato ad una prospettiva più ampia chiedendo consenso ai 5stelle e al centrodestra, avrebbe fatto una giunta più aperta con persone magari senza etichette politiche ma qualificate. Invece ha praticamente confermato le stesse persone oppure scegliendo super fedelissimi facendo capire che non gli serve una maggioranza larga. Con questa Giunta potrà staccare la spina senza conseguenze e nel frattempo governare senza incidenti.

Se le cose stanno come dice lei, continuerá ad avere un ruolo di leadership all’interno della coalizione di centro destra che per ora va in ordine sparso? 

Guardi che la leadership non te le dà nessuno, ma si conquista sul campo. Proporrò iniziative non solo di carattere legislativo, ma  anche politiche vere e proprie. Ad esempio voglio parlare al mondo della sanità, come ho fatto in campagna elettorale, e convincerli che c’è un’altra storia che può essere raccontata. Voglio spiegare come le infrastrutture possano essere realizzate e finanziate, costringendo il centro sinistra a dire si o no alle nostre proposte. Solo un centro destra unito può mettere in difficoltà il governatore oppure, cosa che mi auguro, portarlo a governare meglio.

Lei dove si vede per il suo futuro politico?

Il mio futuro è sicuramente nel Lazio, ma anche a livello nazionale come fondatore di Energie per l’Italia. Tanto più oggi dopo il voto del 4 marzo, che impone di resettare tutti i nostri parametri e convincimenti politici. Il mondo sta  andando in una direzione completamente diversa rispetto alle nostre convinzioni. I partiti tradizionali si sono svuotati, avanzano 5 stelle e Lega che sono alternativi all’estabilishment, ciascuno in modo diverso e con diverse aree di influenza.

Quindi credo che il nostro compito sia quello di avviare una riflessione fra le forze politiche che io non chiamerei più di destra o sinistra, ma ‘razionali’ e riformiste per capire appunto se c’è un futuro ‘razionale’ per questo Paese.

È il momento di aprire una grande riflessione nella politica, nella cultura, nelle forze sociali su temi concreti. Ad esempio è possibile in Italia equilibrare i conti pubblici o solo incrementare il deficit? Si possono affrontare i temi dello sviluppo e mantenere il rigore del bilancio? Si può affrontare il tema della povertà e delle disuguaglianze non dando lo stipendio a tutti senza lavorare, ma mettendo in moto meccanismi che riproducano l’ascensore sociale del Paese? È pensabile che risorga in Italia un nuovo fermento culturale oppure abbiamo tolto completamente la produzione di cultura dal nostro orizzonte politico?

Tanto per restare su temi a livello nazionale, lei come si pone rispetto al rapporto fra Forza Italia e la Lega di Salvini?

Sono convinto che il centro destra debba stare unito perché è la coalizione che ha vinto e ritengo che avrebbe dovuto fare quello che ha fatto Di Maio qualche giorno fa: mettere sul piatto 5 o 6 punti di governo e trovare le convergenze su quei punti. In ogni caso  mi pare che Salvini stia mantenendo una posizione corretta.

Non pensa che la prospettiva di un ritorno alle urne possa decidere anche del futuro di questa legislazione regionale?

Sicuramente, già tutto va in questa direzione. Pensi solo al rapporto fra Zingaretti e la Lombardi che si è consolidato in queste settimane, questo approchment corrisponde a una visione che un pezzo del Pd e un pezzo dei dei 5stelle hanno per governare assieme. In ogni caso  Zingaretti per poter fare le cose che ‘lui’ vorrebbe fare, ha bisogno di un governo amico e la sua tattica politica dovrà fare i conti con la realtà del prossimo esecutivo. 

Giuliano Longo

È SUCCESSO OGGI...