La Raggi rassicura i comunales per il salario accessorio, ma i sindacati non si fidano

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Il salario accessorio dei dipendenti capitolini non è faccenda solo romana, ma riguarda anche altri grandi comuni che il problema lo hanno in qualche modo risolto. La vicenda ha inizio con Ignazio Marino che appena insediato,  chiede agli ispettori del ministero dell’Economia e delle Finanze di far luce  sui conti capitolini  con il risultato che si scopre che questa integrazione, spesso del magro salario, è frammentata in numerosi voci che si sono stratificate almeno negli ultimi  8 anni sotto le varie amministrazioni. I dolori per i 22.000 comunales cominciano quando i solerti ispettori fanno due righe di conto e  chiedono al Comune il recupero di quasi 350 milioni di euro “indebitamente erogati”, sotto forma di salario accessorio.

LO STOP DI IGNAZIO MARINO AL MEF

La parte variabile dello stipendio dei dipendenti comunali che è passata da 66 milioni nel 2008 a 345 milioni nel 2013. Senza tuttavia la  perentoria richiesta per l’immediata restituzione del botto di soldi che avrebbe semplicemente sancito il fallimento di Roma Capitale. Arriviamo così, dopo quasi due anni di trattative serrate con i sindacati, al giugno 2015 quando Ignazio, già in difficoltà per le vicende della cosiddetta Mafia Capitale, spiega che “il Mef  non è titolato ad esigere questa somma dal Campidoglio” e assicura che il fondo e gli stipendi dei dipendenti non saranno toccati. «Ho fatto un lavoro chirurgico – diceva- e mi risulta che altre città che si trovavano in situazioni analoghe e anche se non hanno preso provvedimenti, si sono viste abolire le sanzioni per legge». Insomma una bella sanatoria tombale e saluti ai suonatori, mentre il Comune continua grosso modo a pagare.

TRONCA SOSPESE IL SALARIO

Fino a quando arriva il Commissario prefetto Tronca, che dopo capodanno, passate le sacre feste,   annuncia che il salario accessorio verrà sospeso per il mese di gennaio 2016. «Il commissario, con i poteri della Giunta – si leggeva nel provvedimento – delibera di dare mandato al Dipartimento organizzazione risorse umane e alla Ragioneria generale ai fini dell’adozione degli atti di rispettiva competenza finalizzati alla sospensione per il mese di gennaio 2016 dell’erogazione degli istituti del trattamento economico finanziati sul fondo per il trattamento accessorio». Apriti cielo! Insorgono i sindacati i quali minacciano che se non verranno reintegrati gli stipendi, il Comune dovrà  presentare  un piano di riduzione di servizi, che significherebbe il “tracollo” dell’Urbe (già in parte tracollata da tempo).  A ridosso ormai della campagna elettorale la questione viene congelata, tanto più che nel frattempo la Raggi ha promesso mari e monti ai comunales.

LA RAGGI A PALAZZO CHIGI DA DE VINCENTI

Fino a questo martedì quando  Virginia  piomba a Palazzo Chigi con l’assessore al bilancio Andrea Mazzillo, il direttore del dipartimento personale Raffaele Marra e il ragioniere generale Stefano Fermante (non più dimissionario) per incontrare il sottosegretario alla presidenza del consiglio Claudio De Vincenti. L’incontro a Palazzo Chigi – dichiara la sindaca – è andato bene, anzi «non sono state rilevate criticità sulla soluzione proposta dal Comune di Roma. Faremo un ulteriore passaggio per il salario accessorio, c’è una buona interlocuzione». Perché il pagamento del salario accessorio avverrà, come ha spiegato la Raggi, utilizzando  un meccanismo «che ci viene concesso visto che sono state fatte economie di gestione». Il Sottosegretario De Vicenti, invece,  prende la faccenda alla larga e afferma «che la questione rientra strettamente nell’autonomia decisionale e nella responsabilità dell’Amministrazione comunale». Anche se  la delegazione capitolina ha illustrato «le problematiche connesse alla gestione corrente del bilancio e al Piano triennale per la riduzione del disavanzo del Comune di Roma previsto dalla legge».

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Quindi il Governo «ha invitato il Comune ad una verifica nella sede deputata ad affrontare tale problema che è il Tavolo interistituzionale previsto dalla medesima legge e che già opera per monitorare l’attuazione del Piano di rientro».   Tutto  rinviato dunque a questo “tavolo” dove il Comune dovrà mettere le carte in chiaro. Le convinzioni della Raggi e il rinvio del sottosegretario De Vincenti mettono in ebollizione gli umori dei  sindacati della finzione pubblica di Cgil, Cisl  e Uil che da subito cominciano  a raccogliere le adesioni dei dipendenti capitolini per  il recupero del salario accessorio non erogato con un’azione legale.  E ricordano che «le quote di produttività riferite al 2015, sospese dal prefetto Tronca e che la Sindaca Raggi ad oggi non ha ancora sbloccato, erano previste dal già magro atto unilaterale dell’ex Sindaco Marino».

IL RISCHIO DEL MAXI CONTENZIOSO

Quindi per  evitare un maxi contenzioso, proseguono i sindacati «ci aspettiamo un intervento immediato che porti allo sblocco delle somme inspiegabilmente non versate dall’amministrazione capitolina». Con il paradosso di «subire un contratto unilaterale che per giunta non viene rispettato, con un doppio taglio alle buste paga». Insomma, i sindacati non abboccano a questo rinvio perché «senza atti concreti insieme all’azione legale partirà la mobilitazione, senza escludere lo sciopero generale per difendere la dignità e il salario lavoratori».

Giuliano Longo

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