di Alberto Sava
Lunedi 23 ottobre, presso la Corte d’Assise di Roma, tornerà in aula il caso della tragica morte di Marco Vannini. Una nuova tornata processuale, che vede imputati Antonio Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo, i figli Martina e Federico, o quali si dovranno difendere dall’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli, è invece invece per omissione di soccorso. Marco Vannini morì tragicamente la notte del 17 maggio del 2015, in circostanze non ancora chiarite fino in fondo, mentre si trovava a casa dei genitori della fidanzata. Lì venne misteriosamente ferito con un colpo di pistola mentre si trovava in bagno. Alcuni rapidi flash dei fatti di quella sera, così come emersi dalle cronache di quei giorni.
Dopo che qualcuno esplose il colpo d’arma da fuoco, drammatico evento sul cui reale movente aleggia ancora il buio più assoluto, Federico Ciontoli chiama il 118 lanciando un primo allarme, senza specificare che una persona era rimasta ferita da un colpo pistola, ma risultando approssimativo nella descrizione dell’evento.
La richiesta di aiuto viene poi annullata. Trascorse preziose frazioni di ora, dalla villetta di Ladispoli teatro della tragedia, parte una nuova chiamata per una rinnovata richiesta di aiuto al 118. Le richieste di soccorso risulteranno farraginose, menzognere e soprattutto ritardate nel tempo, rispetto al ferimento del ragazzo. Arrivata l’ambulanza, Marco viene soccorso, ma solo all’una di notte cade il castello di bugie dei Ciontoli, e gli operatori sanitari vengono finalmente informati della verità: Marco è stato ferito da un colpo di pistola.
Ancora lì, nel piazzale del PIT di Ladispoli, nonostante tutte le bugie precedenti, se almeno lì avessero detto immediatamente la verità, quel ragazzo di vent’anni, giovane e forte, forse ce l’avrebbe fatta, poiché i medici presenti avrebbero immediatamente posto in essere tutte le procedure del caso, invece di perdere tempo a cercare di capire come un pettine, questa la balla dei Ciontoli, avesse potuto ridurre quel figliolo in fin di vita. Di lì a poco il cuore del giovane cede dopo un’assurda agonia: si ferma poco dopo le tre del mattino. Dei fatti accaduti dopo l’esplosione del colpo di pistola nel bagno della villetta di casa Ciontoli, gli investigatori hanno ricostruito molto e molto minuziosamente. Poco, pochissimo, in realtà ancora nulla di plausibile, è dato da sapere su cosa sia accaduto veramente, sul perché si sia verificato un omicidio nel luogo e nella situazione apparentemente più lontani da un evento così efferato. Il nocciolo di questo processo, il discrimine vero che potrà unire le strade della verità processuale e di quella storica, o purtroppo dividerle per sempre, sta nel portare alla luce in modo inequivocabile il movente della morte di Marco, ancora drammaticamente avvolto nel mistero, incartato con le bugie, amissioni, omissioni e ritrattazioni dei protagonisti di questa brutta storia.
L’introduzione ai manuali universitari di Procedura Penale avverte che le prove e la verità processuale emergono nel dibattimento: mai asserzione fu più aderente a questo processo. La posta in gioco, al di là dei destini degli imputati e dei familiari ed amici di Marco, annientati dal dolore, è restituire giustizia e pace a Marco, in questi due anni divenuto il figliolo di tutta Cerveteri. A margine del processo Vannini, ricordiamo un recente fatto di cronaca, anch’esso disgustoso, che ha riguardato la profanazione del ricordo di Marco Vannini: in via de Gasperi, nei pressi del cancello della villetta dei Ciontoli, erano stati posti da tempo una foto e un mazzo di fiori, in ricordo del giovane, precisamente su un palo della luce all’estremità del marciapiede. Quella foto e quei fiori sono stati strappati via. Non è la prima volta che il posto viene profanato, di preciso non so quante volte, ma sicuro almeno tre o quattro, ha dichiarato la mamma di Marco. Al di là della mano colpevole di questa ennesima profanazione, si conferma il cinismo che avvolge quasi tutti i fatti di questa dolorosa vicenda, dove senza dubbio la pietà umana ha dovuto lasciare posto ai tentativi, oltretutto maldestri, di salvare sorti materiali.