Le ultime notizie sulla posizione giudiziaria della assessora capitolina all’ambiente Paola Muraro sembrano sgonfiarsi di fronte ad una semplice, eventuale condanna pecuniaria per reati ambientali. Ben altro rispetto a quanto hanno cavalcato per mesi i grandi media che la volevano l’assessora, oltre che indagata, oggetto di un avviso di garanzia per la sua lunga e ben remunerata posizione di consulente di Ama.
SI SGONFIA ANCHE IL CASO MURARO
Addirittura adombrando la sua collusione con il re dei rifiuti Manlio Cerroni (coinvolto in vicende giudiziarie dall’incerto esito) per l’intenzione della assessora di utilizzare anche gli impianti di trattamento dell’avvocato. Scampato pericolo, forse. Resta il fatto che questa ‘tecnica/esperta’ prestata alla politica (come lei stessa si definisce) abbia voluto chiarire lo stato dell’arte sulla raccolta e lo smaltimento dei nostri rifiuti approfittando del Forum Compraverde-Buygreen in svolgimento all’Eur. E siccome un colpevole va sempre trovato, l’assessora punta il dito contro “le solite cooperative” (brutte e cattive) di Buzzi per cui “non è cambiato nulla dopo Mafia Capitale. Senza dirci con chi sostituirà i loro servizi. Poco male, se sotto l’etichetta di ‘mafia capitale’ si può catalogare ormai ogni nequizia capitolina.
UNA LANCIA SPEZZATA VERSO I LAVORATORI AMA
Ma le esternazioni della Muraro non finiscono qui perché invece una leccatina ai lavoratori di Ama è pur necessaria: perché è vero, Ama è in difficoltà, ma i lavoratori (poverini) «hanno avuto le assemblee, giustamente perché è un diritto dei lavoratori, c’è un contratto che devono approfondire.» Quindi «ci sarà stato un rallentamento (del lavoro), però andiamo a verificare…» Esaurita la vena demagogico/verificatoria, l’assessora, che appare ormai come la vera padrona di Ama visto che ancora manca l’amministratore unico e il dg Bina scade a dicembre, ci fa sapere che con il ministro all’ambiente Galletti «ci sarà una buona collaborazione» tanto che con lui ha parlato di un nuovo termo-valorizzatore, dicendogli in faccia che per Roma non serve. Semmai “serve un’ulteriore discarica», ma se la Regione non le dice «dove deve essere collocata» e che volumetria dovrebbe avere lei che ci può fare? Sorprende quindi l’ammissione di impotenza della volitiva assessora quando afferma «possiamo attingere buone pratiche che già vengono fatte in giro per il mondo…. però io chiedo anche un aiuto perché da soli non si fa nulla. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi perché c’e una macchina a livello comunale che risponde, ma non in modo omogeneo».
LE AZIENDE VOLUTE DAI GRILLINI
Ma a chi chiedere aiuto? Ed ecco svelato l’arcano: «vogliamo essere da veicolo alle aziende che devono venire a investire, soprattutto nel comune di Roma». Sorge il dubbio che per questo appello ai privati ci sia la manina dell’imprenditore, nordista/venetista e liberista Colomban, neoassessore alle partecipate. La successiva affermazione è ancor più sorprendente perché secondo Paola gran parte delle difficoltà derivano dalle «conseguenze di una scelta miope dovuta alla chiusura di Malagrotta». Peccato che alcuni anni fa era anche l’opinione dell’ex ministro Clini e dell’ex prefetto di Roma Pecoraro (messi alla gogna mediatica e populista) che puntavano ad una discarica temporanea di servizio per la quale tutti, Regione compresa, finirono per rimbalzarsi l’inconcludente palla. Sino a quando Ignazio Marino menò vanto per la chiusura di Malgrotta voluta dalla UE più che dalle sue buone intenzioni. Senza contare la cagnara sollevata contro la eventuale discarica di servizio che ha portato un bel po’ di voti ai Grillini e alla Raggi. La quale sogna per Roma l’opzione rifiuti zero vagheggiata dal capocomico del Movimento.
Giuliano Longo