Mafia Capitale, atto secondo: 43 alla sbarra

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Al via nell’aula bunker di Rebibbia il processo d’appello di Mafia Capitale che vede 43 imputati tra cui Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. I legali difensori si sono opposti allo svolgimento del processo in videoconferenza e hanno presentato eccezione per chiedere la presenza in aula e il trasferimento a Roma dei due imputati. L’ex ‘Nar’ ha assistito al dibattimento collegato dal carcere di Opera, mentre Buzzi, detenuto nel carcere di Tolmezzo (Udine) ha deciso di non partecipare all’udienza in videoconferenza. “Questo è un processetto, è stato mediaticamente costruito per condizionarvi – ha detto rivolto ai giudici Bruno Giosuè Naso, difensore di Massimo Carminati – anche con le inchieste del giornalista Lirio Abate, che io ho chiamato ‘delirio’. Dal primo giorno di questo processo non si sono processati fatti ma persone, come nei tribunali stalinisti – ha detto ancora Naso – Vogliamo fare presto il processo ma farlo come un normale processo. Se fosse un processo speciale ci vorrebbe un tribunale speciale, e di tribunali speciali ne abbiamo piene le tasche”.

CARMINATI E BUZZI

No al trasferimento a Roma di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Lo ha deciso la Terza Corte d’Appello della Capitale presieduta da Claudio Tortora, alla prima udienza d’appello del processo ‘Mondo di Mezzo’ nell’aula bunker di Rebibbia rigettando le richieste avanzate dai difensori dei due imputati, condannati in primo grado rispettivamente a 19 e 20 anni di carcere per associazione a delinquere e detenuti dal dicembre del 2014. I giudici hanno deciso che Buzzi, detenuto a Tolmezzo, e l’ex Nar, in carcere a Milano, dovranno continuare ad assistere alle udienze collegati in videoconferenza. Nel corso della prima udienza d’Appello, questa mattina, nell’aula bunker di Rebibbia, i difensori avevano hanno sollevato eccezioni affermando che la mancata presenza dei due imputati in aula rappresenterebbe una lesione al diritto alla difesa. “E’ un processo complicato, con una sentenza di oltre 3mila pagine. Vogliamo che Buzzi possa partecipare al processo, non capiamo per quale ragione di sicurezza e ordine pubblico Buzzi non possa essere in aula” aveva detto nel suo intervento il difensore di Buzzi, Alessandro Diddi.

“Ripeto ciò che ho già detto in primo grado: questo è un processetto mediaticamente costruito in una certa maniera per condizionarvi, anche con le inchieste del giornalista Lirio Abbate, che io ho ribattezzato Delirio Abbate”. Così ha detto Bruno Naso, difensore di Massimo Carminati all’avvio del processo `Mondo di mezzo` nell`aula bunker di Rebibbia, a Roma. “Non si parla di processi in corso all`inaugurazione dell`anno giudiziario – ha continuato Naso – Si processano le persone per quel che fanno. Non per quel che si assume abbiano fatto. Non è un processo speciale. Vogliamo fare presto il processo ma farlo come un normale processo. Se fosse un processo speciale ci vorrebbe un tribunale speciale… e di tribunali speciali ne abbiamo piene le tasche”. Stamane l’udienza ha registrato momenti di polemica perché proprio i difensori di Carminati e di Salvatore Buzzi hanno chiesto il trasferimento dei propri assistiti in aula e non tramite collegamento in videoconferenza. Sotto accusa, nel complesso, ci sono 43 persone. La maggior parte delel quali non più sottoposte a misure cautelari. Naso aveva spiegato come quello in aula sia “un processetto mediaticamente costruito per condizionare i giudici anche con le inchieste del giornalista Lirio Abbate. Si processano le persone per quello che fanno e non per quello che si assume abbiano fatto”.

ODEVAINE

“E’ stato depositato ieri un concordato con la Procura generale per una condanna a 3 anni e 8 mesi che porta la pena complessiva a 5 anni e 2 mesi in relazione alle precedenti condanne”. Lo ha annunciato l’avvocato Luca Petrucci, in riferimento alla posizione del suo assistito Luca Odevaine nel corso della prima udienza d’appello del processo Mafia Capitale. L’ex membro del tavolo permanente sull’immigrazione, accusato di corruzione, nel processo di primo grado era stato condannato a 6 anni e mezzo, diventati poi 8 in seguito a due precedenti patteggiamenti. I giudici della Terza corte d’appello dovranno ora “ratificare” il concordato raggiunto tra la procura generale e la difesa di Odevaine.

 

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