Dopo la manifestazione di mercoledì scorso sotto il Campidoglio si è verificato un mutamento dei rapporti fra l’amministrazione Raggi e Cgil, Cisl e Uil. Finita la luna di miele di qualche tempo fa i tre sindacati denunciano che la città è paralizzata, la sindaca batte cassa al Governo chiedendo due miliardi. Chiediamo a Michele Azzola, segretario della Cgil di Roma e del Lazio, quali possono essere gli sbocchi di questa situazione di stallo.
Il problema – ci risponde – non sono solo i soldi per rilanciare la città. Abbiamo una serie di servizi come i trasporti, i rifiuti e tutto il sistema delle partecipate che va radicalmente riorganizzato, perché continuare a pompare risorse per questo sistema in crisi sarebbe come buttare soldi pubblici.
Le faccio un esempio, il Campidoglio ha bandito una gara da 200 milioni per portare i rifiuti fuori Roma, fra due anni ne dovremo spendere altri perché non si riesce a chiudere il ciclo a causa di una visione ideologica del problema. Infatti il piano industriale Ama non si occupa degli impianti di trattamento, mentre si raccontano fantasie sul fatto che occorre convincere i romani a produrre meno monnezza. Se si va avanti con l’ideologia i problemi della città non si risolveranno mai.
Però sul problema dei rifiuti la Raggi rimbalza la palla a Zingaretti.
La Raggi in sostanza sostiene che la Regione non concede le autorizzazioni, la Regione ribatte che il comune non indica i siti dove allocare gli impianti. Evidentemente fra le due istituzioni manca il dialogo. Per questo noi chiediamo che si apra un tavolo con le parti sociali pensando di lanciare una multiutility che abbia le risorse necessarie per gli investimenti.
Lo slogan ‘rifiuti’ zero paradossalmente richiederebbe decine di impianti di compostaggio, zone di di stoccaggio per multimateriale e così via. Ma la raccolta differenziata a Roma non potrà mai arrivare oltre certi livelli per come è fatta questa città. Quindi abbiamo bisogno che a valle ci siano siti dove dividere i materiali e poi attrarre sul territorio le imprese che si nutrono di materiali riciclati. Infatti se abbiamo la plastica e poi la dobbiamo trasportare in giro per l’Europa non è che abbiamo risolto il problema.
Mi pare di capire che sui rifiuti la Raggi stia predisponendo dei bandi per concedere alcuni servizi. Questo può prefigurare l’ingresso di privati per gestire i rifiuti di Roma?
Nell’ambito della multiutility che proponiamo l’ingresso di aziende di collaudata competenza private ma di proprietà pubblica non è precluso. Pensi a Hera, A2A o alle imprese venete che sono già multiutility e portano anche utili alle casse pubbliche, quindi non abbiamo preclusioni.
L’ingresso di privati veri e propri lo riteniamo invece pericoloso perché è facile guadagnare sui rifiuti visto che c’è sempre il rischio che vengano sotterrati o gestiti in maniera illegale. Non vorrei che di qui a 20 anni si scoprisse che abbiamo disseminato rifiuti nel Lazio. I primi segnali già li vediamo con i capannoni che prendono fuoco come a Pomezia.
Lo stesso discorso di una multiutiliy può valere anche per i trasporti?
Qui c’è in ballo il concordato giudiziario sul quale il parere del giudice è ancora incerto. Ma ammesso che venga approvato ci troveremo di fronte ad una società che comincerà a pagare i debiti vecchi e ne produrrà di nuovi perché non c’è una progettualità che la sostenga.
Invece in regione abbiamo Cotral, le linee ferroviarie concesse e quelle delle FS regionali, ebbene mettere in sinergia queste risorse significa creare un sistema che può produrre utili e migliorare il servizio.
In questa società che proponete le Ferrovie potrebbe avere un ruolo decisivo?
Certo, perché potrebbero integrarsi con tutto il trasporto ferroviario regionale evitando che il trasporto su ferro come quello su gomma e quello locale vadano ciascuno per conto proprio senza l’integrazione fra i vari servizi.
La Regione metterà a gara europea le linee in concessione Ostia, Giardinetti e Viterbo mentre la Raggi ha prorogato ad Atac, contrariamente al parere dell’Antitrust, il contratto di servizio sino al 2021, impedendo che subentrino altri nel trasporto locale. Qual è la posizione del sindacato?
Il problema non è che possano subentrare in Atac le Ferrovie, perché oggi significherebbe regalargliela scaricandone i debiti su una bad company, noi invece pensiamo ad un soggetto in cui tutte le società regionali conferiscano il loro patrimonio creando una multiutility che venga quotata con il compito di sviluppare il Tpl.
Quindi non si tratta di inventare chissà quali soluzioni o dire come fa la Raggi “noi stiamo sperimentando”. Si tratta di piantarla lì di sperimentare, ma di imitare altre esperienze che stanno funzionando. Ad esempio Hera di Bologna è una società che chiude il 2017 con milioni di utili agli azionisti pubblici, a valle di un processo che prevede le tariffe più basse per i rifiuti dei comuni serviti e una migliore qualità del servizio.
Con il concordato in ballo e un piano industriale praticamente assente, non c’è il rischio di un vero e proprio crack di Atac?
Il rischio c’è, ma è proprio l’immobilismo dell’amministrazione su Atac e Ama che alla fine di questa agonia vedrà scendere in campo i privati anche non italiani, che finiranno per prendersi gratuitamente quei servizi non garantendo gli interessi dei cittadini.
Una città non si può amministrare dicendo soltanto “sto riducendo il debito” e intanto chiedendo miliardi al Governo amico. Il problema è avere un progetto di città per i prossimi 10 o 20 anni.
Fra municipalizzate e amministrazione Roma conta oltre 60mila dipendenti, l’impressione è che la sindaca non lesini concessioni a questi lavoratori con un evidenti vantaggi elettorali.
Assolutamente sì e ce lo ha ricordato la stessa Raggi parlando degli accordi sottoscritti, come ad esempio per il salario accessorio ai dipendenti comunali, ma questi sono atti dovuti che una amministrazione compie ordinariamente.
Se a questi atti dovuti si accompagnasse anche una maggiore efficienza della macchina amministrativa saremmo tutti più contenti. Non a caso contestiamo ad Ama un piano industriale finto che fa lavorare male i dipendenti anche se, uno scontro fra questi e il Comune non è in corso.
Non pensa che queste cosiddette “concessioni” della sindaca indeboliscano Cgil, Cisl e Uil che già subiscono la frammentazione delle sigle in tutti i comparti dell’amministrazione capitolina?
In parte si, ma penso che lavoratori e cittadini comprendano la verità. Noi spieghiamo che questa sorta di pace sociale è fittizia perché alla fine di questa amministrazione grillina arriverà qualcuno che troverà le ceneri e i lavoratori ne pagheranno il prezzo più alto.
Nel Lazio e a Roma si assiste alla fuga delle aziende eccettuata Amazon e Aruba che sta sbarcando sulla Tiburtina, quali sono le situazioni di maggiore rischio per l’occupazione?
Le dò alcuni esempi. Abbiamo Opel che se ne sta andando, così come le direzioni di tutte le grandi banche che emigrano a Milano, abbiamo una continua emorragia delle piccole aziende commerciali e alcuni segnali di sofferenza nei grandi centri commerciali che negli anni si sono diffusi in maniera esagerata. Tuttavia il rischio più grosso per il futuro è legato al degrado delle città.
La scorsa settimana ho incontrato imprenditori romani che rappresentano aziende di eccellenza che producono per lo spazio e altri settori molti innovativi. Questi ricevono clienti da tutto il mondo. E ci raccontano che per portarli nelle loro sedi, ad esempio nella Tiburtina Valley, debbono farli passare attraverso una situazione di degrado fra immondizia e buche. Allora è chiaro che una azienda importante non potrà resistere a lungo in quel contesto, anche solo per un fatto di immagine.
Fra le sofferenze c’è anche il settore delle costruzioni. Non pensa che in questo settore incidano le lungaggini delle procedure di gara e del nuovo codice degli appalti?
La macchina burocratica è eccessivamente lenta, il problema è che dovrebbero essere funzionari e dirigenti che decidano di assumersi delle responsabilità. Nel settore delle costruzioni abbiamo ingenti risorse che non vengono spese perché disperse in passaggi burocratici infiniti.
Le cito un caso. La Regione ha messo a disposizione 36 milioni per l’edilizia scolastica in degrado, ebbene, non sono stati utilizzati dal Comune perché mancano i progetti.
Per le infrastrutture fu sottoscritto un accordo fra Governo e Regione (il patto per lo sviluppo firmato da Renzi e Zingaretti ndr) dove ci sono ingenti risorse che non si riesce a spendere perché quei progetti sono incagliati nelle pieghe delle amministrazioni che spesso non dialogano fra di loro. Per non parlare dei bandi che si prolungano in tempi infiniti. Serve allora una guida più determinata per dare seguito rapido a quelle opere.
Non pensa che la macchina dell’amministrazione capitolina con i suoi 25mila dipendenti si sia ingrippata?
Questa è una domanda che dovrebbe girare alla Raggi, ma ho l’impressione che la sindaca non si occupi poi tanto di questo aspetto della sua burocrazia. Essersi presentati agli elettori al grido “onestà onestà” ha in qualche modo condizionato tutti i funzionari comunali che oggi non si espongono e non si assumono responsabilità.
Cgil, Cisl e Uil minacciano lo sciopero di tutti i dipendenti di questa amministrazione, non le sembra un po’ azzardato con i tempi che corrono e i sindacati in forma non certo smagliante?
Noi abbiamo consegnato alla sindaca un programma e con la manifestazione di mercoledì abbiamo voluto dare alla città un segnale. A questa fase seguirà un percorso di mobilitazione azienda per azienda. Se dall’incontro di oggi con la sindaca non emergerà un mutamento di tendenza arriveremo allo sciopero. Roma non può restare ferma e i romani non meritano questa situazione.
Giuliano Longo