Due gli spettacoli che, tra sabato e domenica, hanno portato un vento d’internazionalità a Roma, Peter Brook, grande regista inglese di cui ricordiamo un memorabile MAHABARATHA, e When Hui danzatrice cinese Due lingue l’inglese ed il cinese, due spettacoli molto diversi che hanno in comune una grande forza comunicativa anche se con mezzi diversi.
Se c’è un artista che non necessita di presentazioni è sicuramente Peter Brook. Il rivoluzionario maestro del teatro internazionale, più volte ospite di Romaeuropa Festival, torna con il suo ultimo spettacolo diretto insieme a Marie-Hèlène Estienne. Un cast multietnico per affrontare una molteplicità di temi: colpa, punizione, liberazione, pace, perdono. Brook utilizza un gruppo di attori sempre eccezionali di varie nazionalità (Hiran Abeysekera, Hayley Carmichael, Hervé Goffings, Omar Silva, Kalieswari Srinivasan) per raccontarci un fatto che nasce da un’esperienza personale. L’unica attrice inglese, la visitatrice, chiede di parlare con qualcuno che possa aiutarla a dare una risposta alle sue domande e si rivolge ad Ezechiele che gli indica il nipote Mavuso. Questo siede in un luogo deserto davanti ad una prigione da cui i prigionieri lo guardano chiedendosi cosa ci fa lì . Questa è la domanda che anche il Boia della prigione gli fa perché la sua presenza disturba la routine del carcere. Il boia è l’uomo del villaggio e Mavuso si definisce l’uomo della collina, ambedue vivono il carcere, uno da dentro mettendo la sua esperienza di taglialegna al servizio della punizione, l’altro cercando di capire come il suo essere fuori gli faccia espiare quell’enorme colpa che si porta dentro.
Ezechiele narra la storia del nipote, un parricida che ha ucciso il padre in pieno incesto con la sorella. Temi questi che il teatro ha più volte rappresentato ma che sono qui utilizzati a sostegno di una tesi differente. Tante le domande. Era gelosia? Perché tanta furia? Quanto durerà l’espiazione? Quando finirà? Forse non è importante, importante è come l’uomo evolve dentro la sua colpa. I dialoghi sono semplici, i corpi li interpretano in maniera perfetta e vanno oltre. La lingua talvolta scolora nel suono. La fine giunge quando il fuori viene interiorizzato e distrutto e l’uomo si salva. Ma la piece lascia dentro molto di più. Dice Brook “il ruolo del teatro non è quello di dare lezioni…. Quello che chiamiamo pubblico è una comunità composta da singoli individui…” e le domande che alla fine noi ci poniamo sono una questione privata.
Il secondo spettacolo inizia con una narrazione fatta dalla figlia di una delle performer nel foyer del teatro.
Questa ci porta nel periodo della rivoluzione culturale, quando la moglie di Mao creò una struttura per delle performances che avrebbero portato la forza dell’ideologia e la visione dell’apparato verso il popolo utilizzando il balletto modello. Questo dette origine a 8 creazioni di cui “The Red Detachment of Women” fu così visto che diventò un ‘tormentone’ per moltissimi cinesi. Perfino i bambini impararono a memoria i passi e le canzoni. Sulla scena 4 ballerine di varie età, di cui la più vecchia è una delle interpreto originali del balletto. Dietro, un telone su cui sfilano testimonianze dell’epoca, interviste ai ballerini originali su come vissero allora quell’esperienza. Solo ora che la Cina si è aperta si riesce a leggere l’enorme forza di propaganda di un’esperienza del genere ma gli intervistati sembrano non rendersene conto, non ricordano o ricordano quell’esperienza come un fatto passato o forse preferiscono così. Sul palco i corpi della 4 ballerine si fondono con il telone usandolo come un lenzuolo a cui aggrapparsi e in cui essere inglobate. Musiche di ieri corpi di oggi, bambini che si muovono all’unisono ,corpi sul palco che usano tutto quello che hanno dentro per passare la loro forza e la loro rabbia attraverso il movimento.
Il tema della memoria…dice l’autrice” Io rappresento un ponte tra passato e futuro… sento la responsabilità di tramandare alle giovani generazioni una conoscenza, una storia che non è scritta e che è ancora parte del nostro passato.. la nostra pratica è una forma di resistenza all’oblio.
Moltissimi applausi.
un racconto fatto di memorie corporee, facendo incontrare sulla scena le danzatrici contemporanee della compagnia pechinese con le interpreti del repertorio tradizionale.