Terremoto centro Italia, dopo il sisma il decreto: così sono peggiorate le cose

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Muffa tossica nelle casette, rischio infiltrazioni, caporalato nei cantieri e burocrazia lenta. È questo il quadro desolante che emerge da un articolo pubblicato su linkiesta.it nelle aree devastate dal terremoto del Centro Italia

«Ricostruzione? Semplicemente non c’è, non esiste», racconta Alice. Vive ad Arquata del Tronto. Aveva un’azienda agricola. «Noi dobbiamo demolire e ricostruire tutto, sia per quanto riguarda la nostra casa che l’azienda», racconta a Linkiesta. Per il momento, però, nulla si muove: «Siamo ancora in attesa di risposta per quanto riguarda lo stato del danno: ci devono in pratica confermare quanto è stato evidenziato durante i primi sopralluoghi». Tutto fermo, dunque. Per le ragioni più impensabili: «L’ultima volta che siamo andati all’Ufficio Ricostruzioni delle Marche – spiega ancora Alice – ci hanno detto che, poiché non sono stati rinnovati i contratti per il personale, probabilmente la mia pratica ora è seguita da un’altra persona e quindi bisogna ricominciare tutto daccapo. È evidente che questi continui cambi di personale rallentano un bel po’ i lavori».

Tra moduli abitativi e progetti che non partono, la colpa sarebbe imputabile al Decreto Dignità, che non darebbe sicurezza e stabilità ai lavoratori impiegati a causa dei mancati rinnovi contrattuali». Esattamente quanto conferma Giulio a linchiesta, operaio romano che lavora nella zona del reatino: «Mi occupo dei lavori all’interno dei moduli abitativi. Dopo l’approvazione del decreto, la ditta ci ha detto chiaramente che non ci terranno a lungo come avrebbero casomai voluto, perché la legge non glielo consente». Il rischio, insomma, è che si verifichi una perenne carenza degli organici, con il personale che viene formato per poi essere sostituito, in un circuito vizioso senza fine. «L’esatto contrario di quello di cui ci sarebbe bisogno: ai 10 anni per la ricostruzione, promessi da Salvini, bisognerà aggiungerne altri 10 almeno se questa è la strada», denuncia la Brignone, una delle poche che sta seguendo la ricostruzione lontano dai riflettori.

Ma i problemi non finiscono qui, come sottolinea anche la Cgil. «Da più di un anno – spiega il segretario generale del sindacato a Macerata, Daniel Taddei – denunciamo quello che avviene nei cantieri post-sisma. Dai nostri esposti sono stati aperti diversi fascicoli per caporalato, sfruttamento, operai clandestini, utilizzo di materiale non a norma, contratti non applicati, ditte che lavorano senza certificati antimafia». Ma le irregolarità potrebbero presto aumentare, secondo Taddei. E, questa volta, a causa del Decreto Sicurezza, provvedimento simbolo di Matteo Salvini: «Crea maggiore clandestinità con l’abolizione dei permessi umanitari. Ed è un pericolo considerando che noi abbiamo documentato come nei cantieri della ricostruzione siano stati impiegati molto spesso lavoratori clandestini pagati poi con un tozzo di pane».

E ancora c’è il problema delle muffe tossiche, di cui hanno dato conto in questa settimana tv e giornali. A denunciarlo è stato il comitato Terre in Moto Marche, lamentando che gli abitanti delle casette «ancora una volta» hanno dovuto attivarsi per «verificare le condizioni di salubrità delle Sae e contattare a proprie spese un laboratorio privato». Il comitato ha diramato una copia del risultato delle analisi, che evidenzia la presenza di aspergillus flavus e aspergillus niger, funghi potenzialmente tossici o portatori di infezioni, nelle muffe. In questi giorni si parla «molto di appalti e di lavoratori non in regola delle Sae» rileva il comitato, ma «da mesi centinaia di persone sono costrette a vivere in casette che presentano evidenti problemi strutturali con muffe e funghi che dopo i lavori di ripristino puntualmente si sono ripresentate. Ci saremmo aspettati che chi di dovere avesse verificato in maniera celere e puntuale la salubrità delle Sae».

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