Alzheimer – Parlare due lingue non solo ti aiuta nella vita di tutti i giorni, che sia per lavoro o durante un viaggio, ma anche ha anche effetti benefici sulla salute. Saltano con disinvoltura da una lingua all’altra come se fosse la cosa più naturale del mondo. Per nulla spiazzati da due vocabolari, due architetture grammaticali, due sistemi sintattici diversi. Sono i bilingui: un cervello, due idiomi. Se da sempre suscitano ammirazione per la marcia in più che gli viene garantita dalla loro capacità, un nuovo studio scientifico offre adesso una ragione in più per provare un pizzico di invidia. Parlare due lingue protegge anche dall’Alzheimer, che si manifesta in queste persone in età più avanzata e con sintomi meno intensi. Un team di ricercatori del San Raffaele di Milano ha scoperto perché mettendo sotto la lente i bilingui nostrani: gli altoatesini. Secondo i risultati dello studio pubblicato su ‘Proceedings of the National Academy of Sciences‘ (Pnas) parlare due lingue lungo l’arco della vita modifica la funzione cerebrale, per quanto riguarda sia l’attività metabolica frontale sia la connettività tra specifiche aree del cervello, tanto da compensare i danni prodotti dalla malattia. Coordinato da Daniela Perani, direttrice dell’Unità di neuroimaging molecolare e strutturale in vivo nell’uomo dell’Irccs San Raffaele e docente dell’università Vita-Salute, il lavoro offre un contributo alla ricerca dei fattori in grado di ritardare o contrastare la malattia che ruba i ricordi, ancora priva di cure farmacologiche efficaci.
È la prova, spiegano gli autori dello studio, che il bilinguismo costituisce una cosiddetta ‘riserva cognitiva’ che funziona da difesa contro l’avanzare della demenza. “È proprio perché una persona bilingue è capace di compensare meglio gli effetti neurodegenerativi dell’Alzheimer che il decadimento cognitivo e la demenza insorgeranno dopo, nonostante il progredire della malattia”, sottolinea Perani. Ma quali sono i meccanismi di compensazione? I ricercatori mostrano che il cervello dei pazienti bilingue, rispetto a quello dei monolingue, presenta una maggiore attività metabolica nelle strutture frontali – implicate in compiti cognitivi complessi – e una maggiore connettività cerebrale in due network che sottendono le funzioni di controllo cognitivo ed esecutivo.
Secondo recenti studi epidemiologici, essere bilingue può ritardare l’esordio di alcuni tipi di demenza senile fino a 5 anni. Ma i meccanismi neurobiologici che sottendono questo effetto protettivo sono ancora largamente sconosciuti.