Post-verità, la sfida di Grillo al giornalismo

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Che il signor Beppe Grillo manifestasse una certa vocazione al partito bolscevico 2.0 non avevamo dubbi, nonostante lui rimanga un comico e non un Lenin in formato Lanterna di Genova. E allora intervenendo sulla comunicazione (che spesso peraltro si è peritata di blandire il Movimento 5stelle) che cosa propone sul suo blog, inesauribile fonte di consultazione per smanettoni web suoi seguaci? Propone addirittura «non un tribunale governativo, ma una giuria popolare che determini la veridicità delle notizie pubblicate dai media. Cittadini scelti a sorte a cui vengono sottoposti gli articoli dei giornali e i servizi dei telegiornali». Perché «se una notizia viene dichiarata falsa il direttore della testata, a capo chino, deve fare pubbliche scuse e riportare la versione corretta dandole la massima evidenza in apertura del telegiornale o in prima pagina se cartaceo. Così forse abbandoneremo il 77mo posto (mondiale ndr) nella classifica per la libertà di stampa». Poi da accusatore si trasforma in piagnone e lamenta «tutti contro Internet. Prima Renzi, Gentiloni, Napolitano e Pitruzzella, poi il ministro della Giustizia Orlando e infine il Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno. Tutti puntano il dito sulle balle che girano sul web, sull’esigenza di ristabilire la verità tramite il nuovo tribunale dell’inquisizione proposto dal presidente dell’Antitrust. Così il governo decide cosa è vero e cosa è falso su internet. E alle balle propinate ogni giorno da tv e giornali chi ci pensa?». Dopo aver citato alcuni palesi fake apparsi su autorevoli quotidiani afferma «i giornali e i tg sono i primi fabbricatori di notizie false nel Paese con lo scopo di far mantenere il potere a chi lo detiene. Sono le loro notizie che devono essere controllate.» Da chi? Ovviamente dal tribunale del popolo che potrà comminare pene che vanno dalla fustigazione alla deportazione in Siberia, anche se per ora tale intenzione rimane nel subconscio del comico. Chi non ride affatto di fronte alle affermazioni del leader indiscusso e indiscutibile di quello che rappresenta il secondo partito del Paese con ambizioni di governo, sono gli addetti ai lavori rappresentati dalla Federazione della stampa che con il segretario Lorusso e il presidente Giulietti della Fnsi commentano «vorremmo rassicurare Beppe Grillo: se fosse approvata la sua proposta l’Italia non occuperebbe più il 77°, ma il 154° posto nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo». Infatti Grillo fa finta di non capire che «lanciandosi in un linciaggio mediatico di stampo qualunquista a tutti i giornalisti» lascia intendere minacce e intimidazioni che farebbero precipitare il Paese nelle classifiche internazionali. «Sarebbe molto più opportuno – proseguono- che utilizzasse invece le proprie energie per impegnarsi affinché in Parlamento venga rapidamente abrogato il carcere per i giornalisti e approvata una norma che scoraggi il fenomeno delle querele temerarie (milioni richiesti ogni volta per articoli ritenuti lesivi ndr)». Per quanto riguarda invece la diffusione di notizie false, proseguono, si approvi rapidamente il Giurì «per la lealtà dell’informazione, strumento di garanzia nei confronti dei cittadini che hanno diritto ad una informazione libera e corretta». Anche il direttore del telegiornale de La7 Enrico Mentana non ha ben compreso la vocazione giacobina di Grillo così, tanto per non sbagliare, ha deciso di querelarlo. «In attesa della giuria popolare chiedo a Grillo – scrive su Facebook il giornalista – di trovarsi intanto un avvocato. Fabbricatori di notizie false è un’offesa non sanabile a tutti i lavoratori del tg che dirigo e a me che ne ho la responsabilità di legge. Ne risponderà in sede penale e civile». Infatti sul blog Beppegrillo.it l’accusa – generica – lanciata dal leader del M5S è accompagnata da un fotomontaggio di testate giornalistiche che comprende il logo del telegiornale diretto appunto da Mentana. Insomma paragonare le balle spaziali che appaiono sul Web a l’informazione giornalistica (sia pure pilotata) si sta rivelando per il capo dei grillini un’arma a doppio taglio che potrebbe nuocere al suo Movimento. Anche perché Beppe non è Trump che della stampa ostile se ne è fregato e ha vinto comunque.

Giuliano Longo

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