Dal telegiornale alla politica, dalla carta stampata ai programmi di approfondimento. In oltre 40 anni di esperienza Piero Badaloni ne ha viste di cotte e di crude, mettendo le mani in temi delicati e sempre – purtroppo – d’attualità, come il terremoto in Irpinia o la droga. Oggi, dopo un lustro di riflessione, Badaloni porta tutto il suo bagaglio culturale e professionale a Tv2000 con un nuovo programma. Una nuova sfida, un nuovo inizio, in una televisione che vuole ritagliarsi il suo posto fra i big della scatola nera. Avanti il prossimo è un programma diverso, dove non si urla ma si cerca di “risolvere” i problemi quotidiani delle persone. In studio con Badaloni ci sarà anche Eugenia Scotti, volto noto della tv della Cei, che avrà il compito di dare diversi dati per inquadra meglio il tema della puntata. Tutto è pronto per l’esordio dell’inedita coppia. Dal 25 gennaio ogni mercoledì sera.
Dopo 5 anni d’assenza dalla tv, come è stato tornare sul piccolo schermo?
«È un ritorno a quello che è stato il mio ritmo di lavoro e la mia vita professionale fino a 5 anni fa. Non è che ne sentissi molto la mancanza, ma mi ha attratto il progetto e la richiesta di collaborazione da parte del direttore (Paolo Ruffini, ndr), che stimo. Ci siamo conosciuti ai tempi della Rai, lui ha fatto un ottimo lavoro a Rai Tre e ne sta facendo un altro altrettanto ottimo per rilanciare Tv2000. Da questo punto di vista non c’è nulla di nuovo, tranne lo staff con cui lavoro che è formato da ottimi collaboratori».
Oltre 40 anni di servizio fra politica e tv, questa avventura è come un nuovo inizio?
«Assolutamente sì. Un nuovo inizio per tanti motivi, con un progetto nuovo, un canale non di nicchia, ma che comunque sta cercando di costruirsi il suo spazio. Se l’è già costruito e sta cercando di allargarlo. Questa può essere un’occasione per ampliare il pubblico. In questo senso può essere una nuova sfida, provare un canale che sta vivendo una nuova vita ad allargare il pubblico, anche puntando sui giovani, su tutti quelli che magari cercano una proposta dalla tv che fino ad adesso non hanno trovato. Cioè un programma, senza urlare, dedicato ai loro problemi, cercando di coinvolgere coloro che sono tenuti a dare le risposte a quei problemi».
Che format avrà “Avanti il prossimo”?
«All’interno di questo schema c’è la novità che dovrebbe rendere più facile comprendere le cose di cui si parla, grazie al fatto che ogni ospite ha il suo spazio per esprimere autonomamente il suo problema, come lo risolverebbe. Sta anche qui il senso del titolo “Avanti il prossimo”. Ciascuno entra in successione nel programma e va ad arricchire il parterre. Quando si è completato, quando ognuno ha espresso con chiarezza senza essere contestato, a quel punto nasce il dibattito».
Lei ha vinto il premio come cronista dell’anno per i servizi in Irpinia. C’è una differenza fra i cronisti di allora e di oggi?
«La differenza sta soprattutto che da allora a oggi è nato ed esploso il mondo di internet. Il rischio da evitare, ma che non sempre si evita, è di continuare a fare quello che deve fare un cronista. E cioè quando arriva la notizia, alzarsi dalla poltrona, prendere l’operatore, montare in macchina e andare sul posto a vedere e raccontare direttamente. Quindi non prendere tutto quello che internet racconta della notizia, farne una sintesi e scrivere il testo. Questo non è corretto».
Ed è cambiato anche il modo dello Stato nell’affrontare queste emergenze.
«Oggi forse c’è una maggiore pressione, una maggiore attenzione a evitare di limitarsi solo alle parole. Anche perché il controllo da parte dei media e dell’opposizione è forte. Prima bastavano le promesse, oggi la gente si è stufata: vuole i fatti. Il nostro compito è verificare che questi fatti ci siano».
Nella sua carriera lei ha affrontato anche il lavoro di corrispondente fra Parigi, Bruxelles e Berlino, oggi simboli di attentati.
«Non c’è dubbio che il corrispondente, se fatto in maniera seria, deve essere assolutamente attento all’attualità e non farsi mai cogliere impreparato. Questo comporta anche un impegno totale. Deve anche saper raccontare la società da cui è corrispondente. Secondo me è importante che gli italiani possano confrontare i loro problemi con quelli degli altri cittadini e capire perché la Germania e la Francia, e di conseguenza Bruxelles, sono diventati oggetto di attentati. Quello che dispiace è che quando un corrispondente fa questo sforzo, non sempre trova attenzione da parte della redazione centrale. I nostri giornali dedicano troppo poco spazio all’estero e troppo spazio alla cronaca nera. Vedendo come viene fornita l’informazione del servizio pubblico dove sono stato corrispondente, è tutto il contrario».
Che ricordo ha di “Unomattina” e “Piacere Rai Uno”?
«È stata una esperienza importante per accrescere il mio know-how professionale, non limitarmi a vivere la vita come conduttore e come cronista, ma fare esperienze magari sperimentali, portando l’informazione e l’intrattenimento».
Che differenze ci sono fra il condurre un tg e un programma di approfondimento?
«Differenze abissali. Nel tg sei all’interno di uno schema molto rigido, al quale, se sei in grado, dai un contributo come conduttore. Però lo schema non può essere che ripetitivo. Nei programmi devi dare molto spazio all’inventiva, a una comunicazione che è più confidenziale, più diretta al pubblico in cui la chiarezza e la semplicità sono fondamentali, con un linguaggio semplice».
Alessandro Moschini