Accoglienza: a Cerveteri un silenzio che fa rumore

A Ladispoli infuria il dibattito, mentre a monte dell’Aurelia i partiti, la scuola, la chiesa, i sindacati e le associazioni tardano a far sentire la loro voce

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di Alberto Sava

Da qualche settimana a Cerveteri e Ladispoli polemiche a due velocità, sulla posizione espressa dalle rispettive amministrazioni in merito alla questione dell’accoglienza di immigrati.

Queste in sintesi le posizioni in campo: il sindaco di centrodestra di Ladispoli, Alessandro Grando, si è opposto all’arrivo di rifugiati, mentre il sindaco civico di Cerveteri Pascucci, ha manifestato l’intenzione di aderire allo ‘Sprar’, il progetto della Prefettura per un’accoglienza strutturata, e proporzionata al numero degli abitanti.

In realtà, a Cerveteri non abbiamo ancora sentito alcun dibattito sulla scelta “meglio pochi che mille” annunciata da Pascucci, mentre a Ladispoli il confronto, soprattutto tra centrosinistra e centrodestra, è acceso quotidianamente da settimane. In ordine cronologico, ecco la cronaca dell’ultimo episodio che a Ladispoli vede protagonisti proprio l’ex sindaco, e l’attuale primo cittadino. Nel botta e risposta in corso, non ha tardato ad arrivare la replica a distanza all’ex sindaco Crescenzio Paliotta, da parte di Alessandro Grando. Il contendere riguarda i toni utilizzati nella discussione sul tema dell’accoglienza degli immigrati, in attesa di definizione della loro posizione giuridica e soprattutto di un percorso di vita. Le affermazioni di Paliotta hanno infatti aperto un duro dibattito nella piazza virtuale, dove facilmente si superano i limiti. Un intervento quello di Paliotta, che ha chiamato in causa il ruolo del sindaco Grando.

E proprio quest’ultimo ha voluto ricordare un fatto avvenuto in campagna elettorale, quando in una piazza pubblica fu l’allora sindaco uscente Paliotta a lanciare all’allora giovane candidato l’accusa di essere fascista, razzista e xenofobo. Ecco le parole di Grando: “In campagna elettorale mi chiamavano fascista, razzista e xenofobo. Sono passati tre mesi e nessuno si è degnato di inviare al sottoscritto un messaggio di scuse, né di prendere le distanze dalle accuse infamanti pronunciate dall’allora sindaco in carica. Che ne era a quel tempo dei toni da abbassare?” Anche lo scontro politico più duro dovrebbe partire dai fatti, e non dalle invettive.

Come si vede, il tono del dibattito sull’accoglienza è scivolato anche sul piano personale ed è auspicabile che le parti in campo riducano durezza e decibel del confronto a distanza. Un confronto che comunque a Ladispoli esiste. A Cerveteri, invece, politici, istituzioni locali e territoriali, come la scuola, la chiesa, i sindacati e le associazioni, sembrano tardare ad esprimersi nettamente, qualunque possa essere la loro posizione, in merito ad eventi e cambiamenti che comunque finiranno per incidere profondamente sul tessuto connettivo del territorio. Quando i ‘principi universali’ bussano alla porta di casa, con tutti i problemi oggettivi che si trascinano dietro, ciascuno trova salutare raccogliersi in un prudente silenzio.

È comprensibile per un privato cittadino, ma non per chi ha scelto una vita pubblica, politica ed istituzionale. A fronte di un dibattito, quindi, che a Ladispoli è vivo, seppure aspro, a Cerveteri fanno rumore i troppi silenzi. Qual è, tanto per dire, la posizione del centrodestra e del PD, che siedono sui banchi dell’opposizione, in merito alla scelta del sindaco Pascucci di aderire allo Sprar? Finora la scelta, per la verità solo annunciata, come del resto tante altre cose, annunciata dal sindaco, e che riguarda profondamente l’intera comunità ceretana, non sembra aver suscitato il minimo interesse. Da questa colonne si vuole andare ‘Oltre’, stimolando una diversa partecipazione. Le coste italiane sono una frontiera aperta, facile da raggiungere e da oltrepassare, e non solo per questioni meramente orografiche, come la cronaca degli ultimi mesi ha sonoramente raccontato, persino ai sordi che non volevano sentire. Tuttavia il fenomeno della migrazione di quanti, pochissimi, fuggono da guerre e persecuzioni e di quanti, inarrestabili moltitudini, che fuggono da una vita grama nello sconfinato territorio a sud dell’Europa, esiste.

Esiste e si innesta drammaticamente in un momento storico in cui le istituzioni europee, in nome di una non definita e magmatica unità politica ed economica, stanno chiedendo ai cittadini sacrifici materiali ed identitari di enorme portata, ed il sangue di Barcellona è lì a testimoniare tutto questo. La nostra penisola, i nostri territori, i nostri municipi sono quindi tutti in prima linea, ed è pertanto fondamentale che il dibattito sui media esca dal provincialismo del pro e contro, ed inizi ad affrontare con intelligenza e strategia un fenomeno che altrimenti rischia di sopraffare tutti.

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