Lasciate ogni speranza o voi che entrate in Ama e nelle municipalizzate, vien da dire elencando i 10 manager che la Raggi ha fatto fuori in un anno e mezzo del suo mandato.
L’ultimo è il direttore Stefano Bina dimissionato e che rientra nella sua Voghera nonostante fosse stato proposto, niente poco di meno che da Roberto Casaleggio, poco più di un anno fa.
Nè detto che il presidente Lorenzo Bagnacani, che ne ha assunto le competenze, duri molto a lungo considerando che non è ben visto dalla tumultuosa base grillina.
Dal giugno 2016, data del fatale insediamento di Virginia, sono stati messi alla porta Daniele Fortini, presidente e ad di Ama nominato da Marino, e i due amministratori unici Alessandro Solidoro e Antonella Giglio. Senza contare le dimissioni della ex fedelissima assessora Montanari vittima di un vero e proprio linciaggio mediatico per le sue presunte e pregresse collusioni con Manlio Cerroni il già “imperatore della Monnezza” romana
In Atac le cose sono andate ancor peggio perché si sono susseguite le dimissioni o il dimissionamento dei direttori generali Marco Rettighieri e Bruno Rota, gli amministratori unici Armando Brandolese e Manuel Fantasia.
In Acea l’ad Alberto Irace e la presidente Catia Tomassetti sono stati sostituiti da Luca Lanzalone, legale del Campidoglio nella causa sullo stadio della Roma.
Ma torniamo all’Ama. Per trovare un simile turbillon di nomine bisogna tornare alla amministrazione di Alemanno che appena messo piede in Campidoglio mette ai vertici della società capitolina il fedelissimo Franco Panzironi condannato a Luglio nel processo per ‘il mondo di mezzo’. Panzironi viene dimissionato nel luglio 2011 per la vicenda di parentopoli, recuperando comunque il suo lauto compenso, oltre i 200mila anno, alla presidenza della Multiservizi.
Nell’agosto viene nominato il nuovo consiglio di amministrazione presieduto da Piergiorgio Benvenuti, oggi esponente dei Fratelli d’Italia, che lascerà la poltrona a Fortini con l’avvento di Marino.
Ma la storia non finisce con Piergiorgio perché è a questo punto che in Ama comincia il balletto dei direttori generali.
Poco prima della nomina del nuovo cda arriva dall’Amsa di Milano l’ing. Salvatore Cappello che asume il ruolo di ad e dg dell’azienda. Passa poco più di un anno e Cappello si dimette nel settembre 2012 per motivi mai chiariti su un contratto pluridecennale con Cerroni,e se ne torna a Milano con una robusta liquidazione.
Gli subentra, ma solo nel ruolo di direttore generale, Giovanna Anelli che proviene da incarichi direttivi delle Poste prima e di Ama poi. Lei viene indicata quale una protetta di Panzironi, anche se nel corso del processo del ‘mondo di mezzo’ renderà una testimonianza devastante sui livelli di degrado e corruzione dell’azienda.
Ma anche lei dura poco, nell’aprile 2013 rassegna le dimissioni e le subentra come direttore generale Giovanni Fiscon anche lui processato con Panzironi per il ‘mondo di mezzo’ ma che verrà assolto con la sentenza di luglio.
Allora viene spontaneo chiedersi come sia possibile che una azienda strategica come Ama possa venir governata quando in meno di 10 anni la nomina di dirigenti apicali funziona come le porte girevoli di un grand hotel. Ovviamente con relative lussuose liquidazioni da fine incarico.
Giuliano Longo