Lo spettro della grillina Lombardi si aggira per le regionali del Lazio

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Roberta Lombardi
Roberta Lombardi

Siamo agli ultimi sprazzi di questa campagna elettorale contraddistinta da un profluvio di promesse  per un popolo che stenta ancora ad uscire da una crisi economica durata 10 anni che fa registrare ancora 4 punti di Pil in meno rispetto al 2008. 

Senza contare una disoccupazione all’11% e un ceto medio annichilito dalla pressione fiscale e da una burocrazia asfissiante. Resta il fatto che nel cosiddetto Popolo serpeggia una rabbia sorda, strisciante contro una classe dirigente e politica che giova solo ai neofiti di Grillo (ormai senza vaffa) e favorisce  Salvini  in nome della law and order de noantri che vellica la pancia conservatrice degli italiani.

Si crea così l’illusione che si possano infrangere obblighi e vincoli internazionali che hanno consentito a questo Bel Paese di galleggiare su un debito pubblico da paura e tutto in mano alla finanza internazionale sempre pronta a farti lievitare lo spread che è l’ammazza governi, come ben sa Silvio Berlusconi. Se poi si cacciano via 600mila fra negri e immigrati tutto sarebbe risolto.

In questo contesto Kafkiano di un Paese di scemi pronto ad abboccare alle più incredibili promesse  la competizione per le elezioni regionali passa in secondo piano. Questo avviene  dopo che la vittoria del No al referendum sanciva, in qualche modo, la volontà popolare  di tenere in piedi l’istituzione d regionale  che i fautori del Si volevano ridimensionare per ridurre gli sprechi.  Allora, evviva le autonomie che ormai molte Regioni, anche le meno virtuose, vantano per rafforzare  i loro poteri fino a poco tempo fa rimessi in discussione. 

Al voto ci è già andata la Sicilia con la vittoria del centro destra, restano in campo Lombardia (orfana di Maroni votato a ben altri destini nazionali) e il Lazio che secondo i sondaggi ‘segretissimi’ dovrebbe ritornare nelle mani di Zingaretti e della sua anomala coalizione di sinistra. Anomala rispetto a quanto va succedendo in Lombardia e a livello nazionale dove Grasso ha detto picche. Anche se dopo il voto sembrerebbe disponibile a un governo di emergenza, di unità nazionale o di scopo. Chiamatelo come volete voi. 

Tutta roba che può decidere solo il presidente Mattarella, mentre i 5stelle (sobri dopo una sbronza di vaffa grilleschi)  fiutano l’odore del potere e delle poltrone cui non rinuncerebbe nemmeno un santo. 

Eppure anche qui nel Lazio loro avanzano, nonostante il clima di insipienza della sindaca Raggi che va paralizzando la Capitale in nome di una legalità più burocratica che reale. Per cui Roberta da Val Melaina sarebbe solo a pochi punti da Nicola.

E la destra ( di centro meno che sia) cheffà? Andrebbe al terzo posto con Parisi che ce l’ha messa tutta, ma è arrivato alla competizione fuori tempo massimo, mentre il Pirozzi con il suo scarpone, potrebbe avere una buona affermazione al quarto posto.  In ogni caso i citati segretissimi sondaggi ci dicono che il centro destra, anche unito, non avrebbe vinto le regionali. 

il merito di questa debacle da destra verrebbe attribuito al sindaco di Amatrice con punte particolarmente astiose da parte dei Fratelli della Meloni (definita da Merlo su Repubblica la regina di Coattonia) contro il  sindaco di Amatrice che  a volo di  gabbiano Fabio Rampelli aveva definito inadeguato a governare il Lazio,   come se i suoi e quelli di Tajani avessero  tutti studiato a Eaton o ad Oxford. 

Vada come vada la sconfitta nel Lazio potrebbe bruciare oltremisura all’ex Cavaliere, ma anche a Matteo Salvini che pure Sergio lo aveva sostenuto tenacemente. 

Fatti loro, diranno gli avversari fra quali Roberta che in caso di vittoria una strizzata d’occhio l’ha pure lanciata al sindaco di Amatrice nel caso dovesse portare qualche consigliere alla Pisana. 

In effetti una forte avanzata grillina favorita da una competizione politica nazionale che li vede in crescita nel centro sud, fa rizzare i capelli in testa a moti perché  si salderebbe un blocco di potere fra Regione, Roma Capitale e molti comuni dell’hinterland già in mano grillina che potrebbe dare grattacapi a un governo senza Di Majo e il suo governo ombra, di se stesso.  

Un fatto che oltretutto sgretolerebbe ulteriormente quella egemonia Pd nelle istituzioni locali storicamente avviata nel tempo fra l’indifferenza (o la rassegnazione?) di Matteo Renzi e dei suoi fedeli.

Comunque vada a finire il Lazio sarà governabile anche tramite i soliti accordi trasversali. Resta da capire con quale leader a Palazzo Chigi. Che non è cosina di poco conto soprattutto per la Sanità regionale che assorbe l’80% delle risorse. 

Giuliano Longo

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