Se gli utenti Atac avevano qualche speranza su una tregua sindacale che evitasse loro il consueto sciopero settimanale, se lo scordino perché ormai le organizzazioni sindacali sono pronte alla lotta dura senza paura.
Infatti i sindacati hanno avviato le procedure per arrivare allo sciopero generale entro i prossimi 20 giorni.
Oggetto della vertenza il mancato rispetto da parte dell’azienda delle clausole dell’accordo del 27 novembre sottoscritte dopo l’annuncio del concordato che dovrebbe evitare il fallimento della società.
Nodo del contendere i turni di lavoro e i riposi di 24 ore due volte la settimana che l’azienda vuole invece portare a uno la settimana.
Gli autisti denunciano inoltre che i nuovi turni arrivano a 41 ore la settimana contro le 39 previste dal piano concordato.
Ma lo scopo della agitazione va ben oltre perché i sindacati sono convinti che il concordato fallirà senza che si riesca a ripianare il debito di un miliardo e duecento milioni e tantomeno a rinnovare il fatiscente parco autobus.
Nella sostanza manca un vero e proprio piano industriale perché non si ha certezza su chi finanzierà i nuovi bus e i pezzi di ricambio e soprattutto non si comprende quali e quanti saranno i nuovi investimenti previsti da Comune, Regione e Governo.
I sindacati denunciano inoltre che in base al contratto di servizio con il Comune, Atac dovrebbe garantire 101 milioni di km all’anno ma, secondo la Cgil ne garantisce sì e no 87, incassando il 20% di introiti.
In questa situazione il fallimento del concordato potrebbe preludere, di fatto, a una privatizzazione di Atac che la sindaca Raggi ha tentato di evitare prolungando il contratto di servizio sino al 2021 scavalcando il 2019 quando il servizio di Tpl potrebbe venir messo a gara Europea.
Ipotesi che anche i sindacati vedono come fumo negli occhi non solo perché a loro dire una Atac fallita potrebbe in qualche modo venir svenduta, ma soprattutto perché temono che i livelli di produttività del lavoro possano aumentare come già avviene per altre municipalizzate italiane del Tpl.
Per queste ragioni le stesse advances delle FS vengono viste con sospetto di fronte ad una possibile ristrutturazione industriale dell’azienda che potrebbe anche non essere indolore.
Indubbiamente la situazione incancrenitasi in decenni di consociativismo politico e lassismo aziendale è complicata e lo stesso concordato che alla fine potrebbe dimezzare quanto vantato dai creditori, appare come una pecetta non risolutiva.
E allora per i sindacati val la pena puntare i piedi sin d’ora che hanno ancora un grande potere contrattuale, minacciando in futuro la paralisi del servizio. Insomma, si comincia con l’antipasto di un bel sciopero generale, poi si vedrà. I naviganti, anzi i passeggeri, sono avvertiti: tempesta in vista.
Giuliano Longo