Il Secolo d’Italia torna a parlare di un caso che sta sollevando non poche polemiche e di cui ci eravamo occupati anche noi con la nostra testata (leggi qui l’articolo).
Durante una delle ultime dirette de La prova del cuoco, Elisa Isoardi si era scagliata contro “il Governo”, schierandosi dalla parte dello chef siciliano Natale Giunta.
Ma cosa c’è dietro questa denuncia? Qual è il nocciolo della questione? Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia. Come si legge sul sito www.secoloditalia.it «non è un paese normale. Lavori. Arriva il mafioso che pretende il pagamento del pizzo. Lo denunci. Comincia la tua seconda vita. Che è ancora più dura, perché non sei mai solo. Hai accanto a te angeli custodi che ti proteggono dai diavoli che ti pedinano. Poi, all’improvviso, ti tolgono gli amici, anche se il nemico che ti minaccia non vede l’ora di uscire dal carcere per fartela pagare. Anche se il mafioso ha i suoi compari in libertà pronti a scannarti. Ti rivolgi al Tar, che te la fa riassegnare. Ma solo in Sicilia. Signori e signore, ecco l’incredibile storia di Natale Giunta, chef siciliano di grande levatura, ospite di Elisa Isoardi a “La Prova del Cuoco“. E proprio la popolare conduttrice ci sta mettendo anima e cuore nel denunciare questa situazione assurda. Magari anche con un po’ di imbarazzo personale. Elisa è stata fidanzata di Matteo Salvini, ministro dell’Interno e sicuramente gliene avrà parlato. Il capo del Viminale farebbe bene a prendere in mano questa situazione, trascurata da troppi uomini dello staff suo o altrui».
Natale Giunta ha dichiarato di aver subito negli ultimi anni decine di intimidazioni e minacce, vere e proprie “incursioni” in casa e nei locali dello chef, dopo aver denunciato e fatto arrestare i suoi estorsori; l’ultimo evento risale al 2017, quando lo chef stellato si è visto recapitare a casa una busta contenente un proiettile. Giunta ha dichiarato quanto segue:
“La mia vita personale e professionale è stata stravolta da continui eventi e minacce, che mi hanno lasciato profonde ferite e costato paure, sacrifici e denaro, a causa della mia volontà di denunciare la criminalità mafiosa palermitana”.
Tutti condannati gli esattori del Pizzo
«La vicenda di Natale Giunta – si legge ancora su www.secoloditalia.it – si trascina dal 2012, quando alcuni malfattori entrarono nel suo ufficio per imporgli di pagare delle somme di denaro che dovevano servire per sostenere le famiglie dei mafiosi che si trovavano in carcere. In Sicilia si chiama “Pizzo”, Un minuto dopo lo chef denunciò tutto alle forze dell’ordine. Cambiò la sua vita. Decine di interrogatori. Faccia a faccia con i delinquenti. Processi. E cinque imputati condannati. Tutto finito? Macché. Intimidazioni a tutto spiano, minacce ai famigliari, madre compresa. Un cane rapito, ucciso e riportato a casa morto. Nel 2013 la scorta. “Tutela su autovettura non protetta”, corrispondente al 4° livello di rischio. Ma attentati e intimidazioni proseguono, di ogni genere. Voglia di vendetta. Avvertimenti. Distruzione dei locali dove lavora. Pallottole e tanto altro ancora. L’obiettivo è sempre lo stesso: seminare paura nella gente onesta. E’ sempre mafia. Dopo l’Antistato ci si mette lo Stato. Il 10 luglio 2018 il Viminale revoca la protezione. Comincia un’altra battaglia, in tribunale, alla fine “vince”. Sì, Natale Giunta conquista il diritto alla protezione, ma solo in Sicilia. Lo decide il Tar».
Tra le prime a schierarsi a sostegno di Natale Giunta, in televisione apertamente, è proprio Elisa Isoardi. E chiede aiuto anche ad Eleonora Daniele che fa la sua parte e lo intervista per “Storie italiane“.
«Se Natale Giunta sale a Roma – continua il secoloditalia.it -, come in Lombardia o nella vicina Calabria, viaggia da solo. In pericolo. Ma come deve vivere un cittadino onesto che denuncia i mafiosi? Non è Roberto Saviano. Non ha scritto un libro, ma ha firmato verbali di polizia, ha testimoniato nei processi. Eppure Natale Giunta viene lasciato solo. Da chi lo deve proteggere, che si chiama Stato. C’è un dovere civico quando un siciliano denuncia altri siciliani. Perché da una parte c’è il lavoro assieme al rispetto della legge, e dall’altra la prepotenza del delinquente. Non ci possono essere dubbi sulla parte con cui schierarsi. Noi continueremo a parlarne fino a che non si risolva questa storia vergognosa».