Pd Lazio, il segretario Fabio Melilli verso le dimissioni

È già caccia al successore. Mozione di sfiducia dell'assemblea Pd

0
462

Se il Pd romano piange intrappolato dalla risolutezza coriacea di Ignazio Marino che vuol far tutto da solo, quello regionale non sta certo meglio. Sta saltando infatti il faticoso accordo fra correnti che  aveva portato l’on Fabio Melilli da Rieti alla segreteria regionale pochi mesi fa, dopo le primarie più striminzite che il partito ricordi.

LA LOTTA INTESTINA – Un miracolo di equilibrismo fra la diaspora delle fazioni  che  lasciò insoddisfatti  i Renziani, allora rampanti, guidati dalla onorevole Lorenza Bonaccorsi che successivamente fece il suo ingresso nella segreteria del Nazareno. Ma proprio all’apice del successo il neo segretario comincia ad infilare una gaffe dietro l’altra. Il primo passo falso lo compie  nominando alla presidenza dell’Assemblea non la Bonaccorsi cui sarebbe spettata per consolidata prassi, ma  prediligendo una pupilla di Marco Di Stefano, Laura Mannocchi dopo una Assemblea finita in rissa con tanto di ambulanze e ricoveri ospedalieri. Superata dopo mesi la bagarre la Bonaccorsi viene finalmente eletta, ma è a questo punto che il deputato reatino compie l’altro passo falso nominando l’on. Di Stefano recentemente balzato agli onori della cronaca, coordinatore della segreteria. Certo, Mellli non poteva conoscere gli sviluppi della vicenda Di Stefano, ma di fatto confermava  una sorta di asse poco gradito dalle altre correnti. In verità non gli va neanche troppo bene con la scelta dei canditati sindaci alle ultime comunali, Civitavecchia, Tivoli, Guidonia, Frascati, Grottaferrata, tutti sconfitti nonostante il 40,8% ottenuto dal Pd di Matteo Renzi alle europee. Infine si incasina  sulle liste per la Città Metropolitana sulle quali fa disfa accordi sotto la pressione di influenti e privatissimi caminetti con alcuni capicorrente del Pd.

IL FUTURO? – Siccome Melilli non è uno sprovveduto fiuta l’aria e punta a fare il sottosegretario al ministero dell’Economia. In fondo ha alle spalle una lunga esperienza all’Anci e poi con il collega Legnini, oggi alla vice presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura, ha dato una grossa mano ad Ignazio Marino per portare a casa il Salva Roma e redarre quel piano triennale di rientro che dovrebbe mettere in sicurezza i conti della Capitale. Ma le sue aspettative rimangono deluse e la maggioranza che lo aveva sostenuto continua a scricchiolare. Lui si precipita ad incontrare i consiglieri regionali e conferma di non voler mollare la poltrona almeno sino a quando non si troverà un sostituto credibile. Una poltrona decisiva per la scelta dei futuri candidati alle lezioni politiche più o meno anticipate. Ma ormai Fabio sembra giunto alla frutta. Fra poche ore  la maggioranza dei delegati all’assemblea del Pd regionale firmerà una mozione di sfiducia nei suoi confronti ed è disposta a disertare l’assemblea facendo mancare il numero legale. A meno che Melilli (fiutando ancora una volta l’aria) rassegni spontaneamente le dimissioni che, a giudizio di molti, sarebbe molto più dignitoso.

[form_mailup5q]

È SUCCESSO OGGI...