Formula 1, tre casi del passato in cui le previsioni furono smentite

Vittorie iniziali e poi cadute clamorose. La crudeltà della storia contro gli entusiasmi dei tifosi. Storie degli anni '50 e '60

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Formula 1, tre casi del passato in cui le previsioni furono smentite
Formula 1, tre casi del passato in cui le previsioni furono smentite

La Formula 1 è uno sport bellissimo, ma anche crudele. Spesso le aspettative degli appassionati e le previsioni degli esperti vengono puntualmente smentite, ed è tutto questo che la rende una competizione automobilistica così affascinante.

La straordinaria vittoria di Sebastian Vettel a Melbourne ha riacceso le speranze nei cuori dei ferraristi, tanto che s’ipotizza una Ferrari in lotta per il titolo. Tuttavia, la storia ci insegna che bisogna sempre prendere con le pinze queste previsioni. Il direttore tecnico della Ferrari, Mattia Binotto, prima dell’inizio del campionato aveva spiegato che il vincitore sarà colui che svilupperà la macchina meglio di tutti, e che in questa stagione i cambiamenti in corso saranno imprevedibili.

Ecco tre casi in cui le iniziali previsioni degli appassionati e degli esperti di Formula 1 sono state smentite.

1958 – Vanwall VW5

Fin dai suoi albori in Formula 1 la soluzione del motore posteriore-centrale fu sperimentata da diversi team. La maggiore vicinanza dell’intero impianto ai pedali e alla leva del cambio diminuiva i tempi morti in accelerazione. La Vanwall si candidò dunque come favorita per il titolo nella stagione 1958, con Stirling Moss pilota di punta, che ottenne quattro vittorie e un secondo posto.

Tuttavia, la natura scarsamente affidabile della vettura (ancora sostanzialmente sperimentale) lo costrinse al ritiro in cinque delle sue dieci partecipazioni al campionato, consegnando il titolo alla meno veloce, ma più costante Ferrari a motore anteriore di Mike Hawthorn.

Una testimonianza della sfortuna che perseguitava Moss, il quale, nonostante la sua immensa bravura, non riuscì mai a vincere un titolo mondiale. La casa costruttrice poté comunque consolarsi col trofeo dedicato ai costruttori, istituito proprio quell’anno.

1961 – Jack Brabham & Cooper-Climax

Il ‘59 e il ‘60 furono totalmente dominati da Jack Brabham al volante della Cooper motorizzata Climax (auto con motore posteriore-centrale), e naturalmente nel ’61 fu considerato come il pilota da battere.

Invece le vetture che guidò in quella stagione, la T55 e la T58, si rivelarono la pallida ombra di quelle che lo avevano portato alla vittoria nelle annate precedenti, tanto che riuscì ad arrivare al traguardo solo in due occasioni, rispettivamente sesto e quarto, arrivando addirittura dietro al suo compagno di squadra, Bruce McLaren, in classifica generale.

La causa fu il cambio di regolamento che impose l’utilizzo di motori da 1500 cm3, che sfavorì la Climax, evidentemente adagiatasi sugli allori dei successi recenti, e che invece permise alla Ferrari di tornare alla ribalta con Phil Hill (che si laureò campione del mondo). Wolfgang von Trips e Giancarlo Baghetti.

La delusione fu tale che Black Jack decise a fine campionato di abbandonare la scuderia con la quale aveva debuttato in Formula 1 per fondare la sua omonima squadra personale (con la quale poi conquistò il suo terzo titolo mondiale nel 1966). La Cooper invece cadde in una spirale discendente dalla quale non si riprese più, conquistando solo tre vittorie rispettivamente nel ’62, nel ‘66 e nel ‘67, per poi ritirarsi dalla classe regina dell’automobilismo nel 1969.

1966 – Ferrari

Il ‘66 si aprì con una situazione favorevole per la Ferrari, che dopo due gare si trovò in testa nei campionati piloti e costruttori con Lorenzo Bandini e John Surtees.

Tuttavia, un litigio improvviso tra quest’ultimo e la Scuderia portò al passaggio dell’inglese alla Cooper dopo il GP del Belgio, lasciando il Cavallino senza il suo pilota di punta, a cui seguì un drastico calo di prestazioni che non permise a Bandini di vincere neppure una gara, e sarà Ludovico Scarfiotti a portare alla vittoria una Rossa a Monza, unica dell’intera annata.

A fine stagione l’italiano sarà solo nono in classifica generale, con 12 punti conquistati (10 dei quali nelle prime due corse), e per mettere il dito nella piaga John Surtees, passato alla Cooper-Maserati, vinse il Gran Premio finale in Messico.

Lorenzo non ebbe mai la possibilità di riscattarsi da questa grandissima delusione: morì il 10 maggio 1967, dopo tre giorni di agonia, dilaniato dalle gravissime ustioni riportate in un terribile incidente durante il Gran Premio di Monaco.

Simone Pacifici